"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 21 ottobre 2012

Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi

 
 
 
Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno domenica 21 ottobre 2012 alle ore 17,37
 
Dal vangelo secondo Marco. Si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero:  «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatoli a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Tra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà lo schiavo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
 
Nessuno è perfetto. D’accordo, qualche sospetto l’avevamo già avuto, tre domeniche fa, con Giovanni che voleva impedire a un tale di scacciare i demoni nel nome di Gesù «perché non seguiva» il gruppo dei discepoli “certificati”. Adesso però ne abbiamo la conferma. Anche Giacomo e Giovanni, i migliori, quelli apparentemente al di sopra di ogni sospetto, bramano di sedersi alla destra o alla sinistra di Gesù, nel suo regno di gloria. Gesù nei loro confronti si mostra, ancora una volta, accondiscendente. Con le sue parole: “che cosa volete che io faccia per voi”? Non riafferma nuovamente di essere disposto a mettersi al loro servizio? Nella sostanza, le pretese di Giacomo e Giovanni, da dove nascono? Non sono essi abitati dallo stesso desiderio che troveremo anche negli altri dieci amici che si indigneranno di fronte alle loro pretese? Tutti vogliono diventare grandi, essere i primi tra tutti. Tutti desideriamo la medesima cosa: “vogliamo sederci alla destra di chi conta”. Ma il posto è uno solo e per contendercelo siamo disposti a tutto; siamo disposti non solo a fare carte false, ma anche a dimostrare di meritarcelo più degli altri, con l’essere più pii e più devoti. Forse che Giacomo e Giovanni, i discepoli della prima ora, coloro che avevano lasciato tutto, la barca e il padre, non potevano ambire a questo posto di riguardo? Non avevano dimostrato di meritarselo con i loro servizi, con la loro devozione, con l’ammirazione che avevano per il loro maestro? Chi poteva vantare un curriculum all’altezza di questo compito? Tuttavia, è evidente che Giacomo e Giovanni non hanno compreso davvero la posta in gioco nella loro richiesta. Che cosa vuol dire “stare accanto a Gesù”? Sarebbero stati disposti a essergli accanto nell’ora della passione? Erano pronti a bere allo stesso calice, ossia a condividere il medesimo destino di umiliazione e di incomprensione? E il battesimo da ricevere, non allude forse al dono totale della propria vita? Gesù sa che per Giacomo e Giovanni è stato preparato qualcosa di ancora più grande che non sedere alla sua destra o alla sua sinistra. In effetti saranno con lui alla destra del Padre perché dove sarà lui, là saranno anche i suoi amici.
 
Questo è ciò che Gesù ha nel cuore per loro; sa bene che hanno fatto dono della loro vita, che non l’hanno tenuta per sé e si sono messi alla sua sequela, con tutte le difficoltà che ciò comportava. Berranno pienamente anche loro al calice della salvezza e riceveranno il battesimo della gloria, al di là di ogni previsione e aspirazione. L’amore appassionato che dimostrano verso Gesù li condurrà “oltre”: anche oltre la loro cecità momentanea, oltre il loro desiderio da educare e da convertire progressivamente. Gesù fa luce sui nostri desideri, che nella maggior parte dei casi sono desideri di potere, di dominio sugli altri. Di fronte a lui si svela la nostra doppiezza, la verità sulle nostre intenzioni. Quando desideriamo tutti la medesima cosa nello stesso momento – afferma René Girard – entriamo necessariamente in competizione, finiamo tutti dentro una rivalità mimetica. Come riconoscere e vincere il nostro desiderio, che il più delle volte amiamo definire semplicemente umano, ma che in realtà è diabolico in quanto alla fine si rivela come un terribile fattore di divisione e di distruzione dei rapporti. La cosa più importante che Gesù vuole farci comprendere è che standogli accanto, dimorando in Lui, si diventa comunità: non si è più sotto il giogo della rivalità e del dominio dell’uno sull’altro. Ci è data così la possibilità  di un nuovo modo di stare insieme, non più basato sulla meritocrazia o sul potere. Risuonano ancora per noi, oggi come ieri, le parole di Colui che è venuto «non per essere servito, ma per servire», e che ha affermato con forza: « ... tra voi però non è così». Anche noi non siamo da meno dei dodici: non solo vogliamo, ma pretendiamo che il Maestro faccia quello che gli chiediamo. Il nostro desiderio profondo non è solo quello di essere grandi, ma di essere  i primi, di dominare, di essere serviti anziché servire gli altri. Per Gesù non è un male ambire a essere grandi o primi; con le sue azioni ci indica, anzi ci mostra, una diversa unità di misura: la capacità di farsi servi e schiavi di tutti senza alcuna presunzione. Essere servi vuol dire prima di tutto valorizzare l’altro, ridargli la dignità perduta, credere in lui, prendersi cura di lui. Farsi schiavi degli altri vuol dire aprirsi prima di tutto alle loro ragioni, accettare le loro diversità, considerare un onore e una grazia potersi mettere a disposizione di chi ci sta accanto. E’ con il donare la propria vita in modo assolutamente generoso e incondizionato che Gesù libera e riscatta l’umanità dal demone del potere.
 
“Tutti i santi giorni” è un film che racconta il quotidiano di una coppia sui generis, immersa nel frastuono dei tempi moderni e alle prese col problema di un figlio che non arriva. La storia è la celebrazione di un amore puro, sincero, probabilmente salvifico. I due cercano di avere un bambino, benché sembrino una coppia destinata a fallire a causa dei loro trascorsi. I loro caratteri e stili di vita sembrano davvero agli antipodi: lui Guido gentile, di buona famiglia toscana, incredibilmente colto, bibliofilo, amante della letteratura latina e dei martiri proto-cristiani, lavora con passione e dedizione come portiere notturno in un hotel; lei invece, Antonia, che ha rotto i ponti con la famiglia in Sicilia, è scapestrata, passionale, aspirante cantante, eccentrica, estroversa, recalcitrante alle regole e sempre ai limiti di una vita “sopra le righe”. Quello che di fiabesco emerge dalla storia è proprio questo: la forza dell’amore che unisce due vite così diverse, che si “riscattano” a vicenda proprio grazie alle loro divergenze. La gentilezza di Guido, la sua cultura, la sua dolcezza non avrebbero mai potuto realizzarsi pienamente se non fosse uscito dalla sua timidezza grazie ad Antonia, che d’altro canto ha alle spalle una vita burrascosa, da irresponsabile sbandata, e che solo grazie a Guido può aspirare a diventare una persona normale. I due si amano tantissimo ed esprimono questo sentimento con piccoli gesti della vita di ogni giorno attraverso i quali diventano l’uno “servo dell’altro”. L’unico momento di “tutti i santi giorni”, come dice il titolo omonimo, in cui possono incontrarsi è la mattina presto, quando lui le porta la colazione a letto con la spiegazione del santo del giorno, e poi fanno l’amore. Anche quando sembrano destinati a “perdersi”, Guido e Antonia sanno ritrovarsi, come succede a chi vive l’amore che sa durare. E’ necessario ripartire dall’autenticità delle cose e delle persone, dal coraggio dei veri affetti per riscoprire ciò che conta e “azzardare” una quotidianità all’insegna della dedizione sincera dell’uno verso l’altro.
(DON UMBERTO COCCONI)

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