"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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Tgnèmmos vìsst
Al salùt pramzàn äd parmaindialetto.blogspot.com

“Parmaindialetto” è nato il 31 luglio del 2004. Quest’anno compie 16 anni

“Parmaindialetto” l’é nasù al 31 lùjj dal 2004. St’an’ al compìssa 16 an’

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L’ UNICA SEDE DI “Parmaindialetto” SI TROVA A PARMA ED E' STATO IDEATO DALLA FAMIGLIA MALETTI DI “PÄRMA”.







sabato 29 settembre 2012

Vangelo della domenica. Commento di Don Umberto Cocconi.

 
Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno sabato 29 settembre 2012 alle ore 14,46


 Dal vangelo secondo Marco. Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Tutti noi teniamo gelosamente al nostro nome, lo proteggiamo con il copyright, guai a chi ce lo tocca! Gesù, invece, si comporta in tutt’altra maniera, pur sapendo che avere sulle labbra il suo nome può permettere di compiere opere straordinarie, perché quel Nome il cui significato è “Dio salva” rinvia alla sua identità e al suo potere: il potere dell’Amore. Ma invocare il nome di Gesù  vuol dire prima di tutto fare appello alla comunione, che è l’assoluto contrario di ogni divisione diabolica. Noi non siamo i proprietari  del nome di Gesù o dell’evento Gesù perché egli non appartiene solo alla Chiesa, ma all’umanità. Giovanni, uno dei dodici, pare considerare Gesù come una sorta di “proprietà esclusiva” del gruppo di cui si fa portavoce, come fosse l’unico  abilitato  a compiere opere di guarigione nel suo nome.  Invece, quanto bene c’è intorno a noi che non è prodotto da noi stessi! Ogni giorno con sorpresa siamo chiamati a scoprirlo.

Il bene, però, subisce minacce costanti. René Girard, filosofo e antropologo, afferma che il bambino, proprio perché prende inevitabilmente a modello l'adulto a lui più vicino, può essere facilmente scandalizzato, ossia può inciampare e cadere, e quindi perdere la sua genuina bellezza. Infatti, «se incontra soltanto esseri già scandalizzati, troppo divorati dal desiderio, egli prenderà a modello la loro chiusura, diverrà riproduzione mimetica di quest'ultima, caricatura accentuata in modo sempre più grottesco». La condanna dello scandalo (annegamento con un peso enorme intorno al collo) suggerisce assai più un meccanismo naturale di autodistruzione che non un intervento soprannaturale. Collocandosi nel circolo vizioso dello scandalo, gli uomini si fabbricano il loro destino, si scavano da soli il proprio inferno e vi precipitano insieme, trascinandosi l'un l'altro nell’abisso. La perdizione è uno scambio per così dire “equo”, perché reciproco, di cattivi desideri e di cattivi comportamenti. Le uniche vittime innocenti sono i bambini, che subiscono lo scandalo proveniente dall’esterno, senza che ci sia alcuna partecipazione da parte loro. Fortunatamente, tutti gli uomini sono stati prima bambini: per questo gli adulti possono sempre ravvedersi! Ed è anche questo che sta a cuore a Dio, non meno che la protezione dei piccoli. Gesù sintetizza l’agire dell’uomo riferendosi in particolare a tre parti del corpo: la mano, il piede, l’occhio.

Attraverso l’occhio, ciò che vedi diventa oggetto del tuo desiderio; di conseguenza, con la mano agisci in modo da possedere, afferrare, fare tuo ciò che desideri. Oggi dovremmo chiederci: i miei occhi, che cosa vedono? Se uno mi guarda negli occhi, chi vede, che cosa vede? Gli occhi non sono forse lo specchio dell’anima? Non rivelano il tuo intimo, il tuo cuore? E il tuo piede, i tuoi piedi, dove ti portano, verso quale meta?  Che cosa stai desiderando veramente sempre di più? E le tue mani, quante volte hanno afferrato per prendere oppure si sono chiuse al dono e alla condivisione? Quanti tagli dolorosi ma salutari siamo chiamati a compiere dentro di noi, dopo un’attenta analisi! Avremo mai il coraggio di de-cidere e re-cidere, di tagliar via quella parte di noi che ci porta verso la morte? “Getta via ciò che ti porterà nella Geenna”, è l’esortazione di Gesù! Cos’era questa Geènna? “Gêhinnôm” (Valle di Hinnom) era come lo è tuttora un burrone a sud del tempio di Gerusalemme, antica sede di culti pagani.

Al tempo di Gesù, questo luogo, veniva usato come discarica dei rifiuti e questi erano ivi continuamente ammucchiati e bruciati. Quindi Gesù ci dice: “E’ meglio che togli da te ciò che ti impedisce la pienezza di vita, anche se ti costa dolore, piuttosto che finire nell’immondezzaio di Gerusalemme, cioè guastarti e annientarti completamente nella tua pessima idolatria!”. Basta offrire un bicchiere d’acqua per salvarsi? Così poco? Pare proprio di sì, tanto è vero che Gesù sottolinea la veridicità dell’affermazione con «in verità io vi dico». L’amore, se è sincero, passa attraverso le piccole cose, i gesti della quotidianità che dicono considerazione e attenzione verso l’altro. Diceva Madre Teresa: «Non cercate azioni spettacolari. Quello che importa è il grado di amore che mettete in ogni vostro gesto». Quanto è importante cercare di “essere” l’amore accanto a ciascuno! «L’amore ci darà occhi nuovi per intuire ciò di cui gli altri hanno bisogno e per venire loro incontro con creatività e generosità. Nel Vangelo vissuto vi è la risposta ad ogni problema individuale e sociale» (Chiara Lubich).

Il nuovo film di Giuseppe Piccioni “Il rosso e il blu” è un affresco sulla scuola italiana. Ambientato in una scuola romana si svolgono le vicende di alunni e docenti tanto normali da apparire straordinari. Una preside e due professori, uno giovane e uno anziano, scoprono di contare molto nella vita dei loro studenti, anche di quelli apparentemente “anonimi” e indifferenti. Il film ci ricorda che la scuola è un luogo di relazioni profonde, di scambi intensi, di verità improvvise che spaccano la crosta dell’abitudine. Basta mantenere viva l’attenzione reciproca, ridarsi fiducia, non abbassare gli occhi e il pensiero, perché i ragazzi hanno bisogno degli adulti e gli adulti dei ragazzi. La scuola è il luogo migliore per crescere insieme, magari discutendo del romanticismo e del classicismo o leggendo Leopardi. «In questa epoca così confusa non si può fare a meno di continuare a credere e a lavorare. E a scuola, dove anche un solo giorno può cambiare il destino dei ragazzi che sono fra i banchi, questa necessità di sperare si sente in modo più forte, più urgente» (Giuseppe Piccioni). “Il rosso e il blu” ci ripropone il semplice valore dell’impegno che ognuno di noi deve prefiggersi per svolgere bene il proprio compito. Se ognuno noi fa in buona fede il proprio dovere, forse qualcosa potrà davvero cambiare. I semi gettati, durante ore, giorni, mesi, anni di lezione, in aule a volte fatiscenti della scuola pubblica italiana, germoglieranno nella mente, nel cuore, nelle scelte di alunni e insegnanti. E la speranza è che tali scelte diano frutti di bene per tutta la società.
(DON UMBERTO COCCONI)
 

venerdì 28 settembre 2012

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn" Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 28 settembre 2012. Genoa Pärma 1 -1





(Testo solo in dialetto parmigiano)
Genoa Pärma 1-1
 
Mirànt  sètt : majètta pu che discréta, e prezénsa sémpor aténta e concenträda, a gh’  vräva du rigor par ciapär gol sionò i podävon restär li sin a domenica ch’ in sgnävon gnanch col lapis

Aquah sètt : gran béla partìda, con còll fizich li e cla prepoténsa, a m’ sa ch’ a t’ gnirè ùttil parècci volti, sta pront morètt

Palètta nóv : partìda dòpa partìda Shining al pär sémpor pu fort ! Jerdlà sira zbaljè pròprja  njént, veramént un zugadór d’altìssim livél

Lucaréli nóv : lasèmma pèrdor l’ultom rigor parchè al l’à  vìsst ätor che col pajas con la majètta giälda, p’r al rést un gol meraviljóz e ‘na partìda da “ok corral” con Borriello, e fin a còll momént li tutt i duél a t’  j äv véns ti

Gobbi séz : la solita partìda äd Gobbi, regolära sénsa infàmja e sénsa lode…. E s’ la gh’ à da andär péz di ch’ la vaga acsì

Valdes sìncov : vè calimero però a n’é mìga posìbbil sìnch  partìdi cuatr’ amonisjón dailà, e cme còlla äd jerdlà sira a té  t’ la podäv pròprja risparmiär, e pò, un pò pu äd velocitè la ’n fariss miga mäl

Galòpa séz : il còzi pu béli  j én stè i cross, magàra al Mìsster dman col Milan al té pròva insìmma a l’äla

Paról  sìncov : ‘na volta a gh’éra la Raffai, adésa la Sciarelli, moräla, a gh’é d’andär a chi l’à vìsst par savér indò  l’é còll ragas chì

Pabon sètt : pjan pjanén, molt pjan, mo ogni partìda al fa un pasètt in avanti; jerdlà  sira un pär äd zugädi strepitózi e un cuälch  movimént inteligént, a s’ vèdda che al Mìsster al gh’ insèggna e lu l’impära e acsì a né s pól che miljorär

Belfodil sénsa vót : sperèmma ch’ a ’n sia njént äd brutt, parchè col ragas chi al gh’à  da zugär con continuitè

Amaurì séz : purtrop Frey, al sèmma anca nojätor a Pärma l’é un sjòr portér, sionò al Mocio al fäva un pär äd gol e al saräva su la partìda ; dai dzèmma che magàra tè t’ al si tgnuda p’r al MIlan

Donadón sètt : la partida Mìsster  al l’à  vénsa, dónca a gh’ dagh un bél sètt, e adésa  m’ arcmand col Milan lasär a ca’ i sentimént e zò codìggn ch’ a m’ pjäzrìss bombén  färgh un bél dispétt

Arbitro zéro : sa podìss dir tutt col ch’ a péns, a farìss la fén äd Sallusti, mo dato ch’ a  gh’ ò famìja e a ’n gh’ ò  mìga il so rénditi e a m’ tòcca lavorär, l’é méj ch’ a täza mo  tant a s’  s’à còll ch’ a péns  äd ch’ la categoria lì
(Tgnèmmos vìsst)
(Testo di Crociato 63)
(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)

 

martedì 25 settembre 2012

Dalla compagnia "I Burattini dei Ferrari" riceviamo e pubblichiamo.

 
 
(FOTO DI ENRICO MALETTI)
 
La Compagnia I Burattini deiFerrari
è lieta di invitarVi 
al Teatro estivo giardino segreto San Paolo
In caso di maltempo lo spettacolo si terrà all’interno del museo
Museo Giordano Ferrari - il castello dei burattini
via Melloni, 3 - Parma
www.castellodeiburattini.it 

Domenica 30 settembre 2012 ore 17.00


" LA FAVOLA DELLE TESTE DI LEGNO”
Storia dell'animazione dalle origini ad oggi in forma teatrale
durata 50 minuti

Vi attendiamo
Daniela & Giordano Ferrari
 
 

Domenica 30 settembre Museo Ettore Guatelli Ozzano Taro, presentazione del libro "IL SOLE E LA NEVE" di Luigi Alfieri.


 
"IL SOLE E LA NEVE"
novita da Formoeditore al Museo Guatelli.

 
 
Luigi Alfieri, l'autore



L' autore.
Luigi Alfieri (Cella di Palmia Parma 1957), è un giornalista di viaggi. E' stato presidente di Neos, l'associazione che raccoglie giornalisti e fotografi del settore. Ha scritto libri di argomento storico e letterario fra i quali (Il piccolo Socrate) edito da Guanda, gastronomia e attualità. Ha realizzato un lungometraggio su temi legati alla tossicodipendenza trasmesso da RAI UNO. E' capo redattore della Gazzetta di Parma, il quotidiano più antico d'Italia, e ha collaborato per oltre un decennio con la Stampa di Torino. Ha organizzato mostre fotografiche e convegni su viaggio, poesia e letteratura in generale. Nel amggio 2011 ha pubblicato il suo ultimo libro: Dune, balene e mocrochip, sette anni in giro per il mondo.
Enrico Maletti

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn" Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 24 settembre 2012. Pärma Fiorentén'na 1 -1


 
 
(Testo solo in dialeto parmigiano)
Pärma Fiorentén’na  1-1

Mirant séz : lasämma stär la tozäda ch’ la pär fata col bindél, gata sul prìmm gol ma miracol insìmma al rigor ch’ al s’à parmìss äd parzär ! Parègg’ prìmma ädla gàta parègg’ ala fèn

Rosi nóv : vója äd fär bén fóra dal normäl, second témp strepitóz e vìsst cme l’é andäda anca al sacrifissi sul rigor al väl cme un gol ! Insòmma dòpa averla bazäda, la crozäda té gh’  si ‘drè  fär onor ogni second ch’ a t’ si in camp ! Bravo !

Belanoune séz : ecco còll ragas chi col bindél i gh’ àn fat il scärpi ! Insòmma, chi p’r i cavìj, chi p’r  il scärpi a m’ sa ch’ j àn fat ‘na gita un pò tutt da Vignäli a Marsolära

Palètta sètt : un difensor äd prìmma fasa sénsa ombra äd dùbbi ! Oh Pédor a s’ fa par rìddor ah, no parchè basta ch’a  t’ sénti parlär äd bagarón ch’a t’ tir fóra la calcolatrice sùbbit e Palètta l’é un bél lavor ch’al staga chi sionò l’é nòta

Lucaréli sètt : mi sinceramént a ’n capìss mìga cme mäj nisón a ‘n t’à mäj ciamè in nasjonäla; ormäj l’é tärdi mo a s’é vìsst ädj abòrt in ch’ j ani chi ! A s’ vèdda che con la Gea a né t’ gh’è mäj avù njénta da spartir elora bravo anca par col motiv chi

Gobbi séz : prìmm témp da cuator second da òt, certo Pédor che pensär ch’ al posa fär tùtta la fasa da lu par tutt al campjonät l’é imposìbbil, dónca a vrìss catè un cuél par därogh ‘na man sionò a Farvär chilù al vól portè a Misurina

Valdes séz : cróza e delìssja,  fämma sénsa spiegär al parchè ! Mo second mi in cardiologia un cuälch coléro i t’  l’àn preghè jerdlà sira par via ch’ a gh’é tochè fär i straordinäri äd sabot sira : n’ùltma còza Calimero, i rigor dato che al pè a té gh’ l’è, tìrja  fòrt e in-t-i cantón  m’arcmand

Galòpa séz : dòpa Calimero a riva al pulcino Pio, trop pojén a metè camp jerdlà almeno par n’ora, in-t-l’ùltma méz’ ora par fortón’na  a v’ si trasformè in leonsén, e al risultät  al s’é vìsst

Paról séz : guärda lòmmo che par därot séz a sòn andè a sarcär do còzi che sa tè m’ cat al bar a t’ gh’è da pagärom da bévor, e cioè che in-t-al finäl a t’ gh’è cardù da mat fin in fonda, col pasagg’  p’r Amaurì e al contrast dal rigor con Toni, e col caràtor chi al m’é piazù

Pabon sìncov : pù che Tino p’r adésa al pär Ciro Montano, mo dato ch’ a ’n sarìss mìga la prìmma volta ch ’a s’ tòcca fär märcia indrè a giudicär di sudamericàn trop prést ( al stéss Tino e Hernan p’r ezémpi ), a gh’ darìss témp fin al panetón ! Va bón Pabon ?

Belfodil sìncov : invéci Belfagor a s’ vèdda lontàn déz chilometri che äd clàsa a gh’ n’à  ecome, però anca jerdlà al s’é scordè ‘na còza bastànsa importanta par ‘na pónta, cioè tirär in porta, Pavlén l’amigh äd clasjón äd Lucaréli  a fär gol a t’ podrìss där lesjón a bón marchè ala sìra

Amaurì nóv : bentornè Mocio, impàt insìmma ala partìda cme un meteorite, im-pre-sjo-nant !!!! A fagh sénsa dir ch’ a sarìss fondamentäl ch’ a ’n té t’ fìss pù mäl, parchè s’a t’ stè bén a t’ si äd n’ätra categoria, e bón äd fär gol cme ti a m’ sa ch’ a né gh’ n’èmma mìga tant

Palladén zéro : cuand a s’é  ‘drè  pèrdor, i colp äd tach j’én fondamentäl eh ? Njént da dir, a t’ si gnù su a pan e vólpa; ecco Pédor chi a s’ vèdda sa t’ si un mago dabón, ti co dìt a gh’ provämma  stagnärol a cualchidón ! Anca a gratis ah, al gazòli e l’avtosträda a gh’ la mètt mi

Donadón  séz : còssta l’é städa la partìda di séz, anca s’ a s’ vèdda che la scuädra l’é alenäda bén, e con la tésta gìùssta par mäj molär  ! Avanti acsì Mìsster ch’ la va bén !
(Tgnèmmos vìsst)
(Testo di Crociato 63)
(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)
 
 

 

lunedì 24 settembre 2012

Dalla Casa Editrice BATTEI riceviamo e pubblichiamo.

 
 
 
 

Il Missionario Carmelitano Padre Bernardo Zoni, prete da 60 anni


 
(Testo blu in italiano)

Padre Bernardo Zoni, 87 anni, carmelitano scalzo, missionario da 59 anni in Giappone, ha festeggiato domenica 23 settembre i 60 anni di ordinazione sacerdotale nella chiesa di San Benedetto retta dai Salesiani. Non è una scelta a caso. Dice padre Bernardo:  Sono convinto che Dio si servi dei salesiani per la formazione religiosa  e per aiutare Dio a concedermi la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata. Dio attraverso l’Oratorio salesiano, mi ha guidato e attirato a sé. Per questo sono riconoscente e anche affezionato a San Giovanni Bosco e ai suoi figli…;
 
Ricorda la partenza per in nave per il Giappone nel 1953, un viaggio che durò un mese, non senza difficoltà soprattutto per  uno spaventoso tifone che aveva spaventato anche i marinai. Arrivato in Giappone dovette sudare le proverbiali sette camicie per imparare la lingua in particolare quella scritta. La preparazione di una omelia richiedeva una settimana di lavoro, pensata in italiana, tradotta e poi verificata … A proposito di lingua, ricorda un simpatico aneddoto. La parola “mamma”, in giapponese si dice “oka-san”. Quando lo disse a sua mamma commentò: “Digh acsì ch’ i‘n capìsson njént” (non capiscono nulla). Padre Bernardo, che è stato per 20 anni ad Oita, attualmente risiede a Tokio. La messa per il suo 60° fatta in Giappone, l’ha voluta celebrare a Oita. Mentre per l’Italia ha scelto la sua Parma, proprio la chiesa di San Benedetto dove da giovane è cresciuto all’Oratorio.
(Il testo in italiano e le foto sono  di Giuseppe Mezzadri)

(Testo giallo dialetto parmigiano)
Al Misjonäri Carmelitan Pädor Barnärd Zoni, prét da 60 an’
Pädor Barnärd  Zoni, 87 ani, carmelitan  descäla, misjonäri da 59 ani in Giapon, l’à festegiè domenica 23 setémbor i 60 ani d’ ordinasjón sacerdotäla in-t-la céza ‘d San Bendètt  dai salezjan. L’ a’n n’è mìga sarnìda a cäz. A diz pädor  Barnärd:  
son convint  che al Sgnor  al  s’ sarvìssa di salezjan  par la formasjón  religioza  e pa r jutär al  Sgnor  a därom  la vocasjón  al sacerdòsi  e ala vìtta consacräda. Al Sgnor tramit  l’Oratori salezjan, al m’à  guidè   e tirè vèrs lù. Par còll  son riconosént  e anche  afesjonè  a San Zvan  Bosco e ai so  fjó...;

Al s’ arcorda  la parténsa con la näva  p’r  al Giapon in-t-al  1953, un vjaz ch’l’é  durè un méz, mìga  sénsa dificoltè  prìmma äd tutt  p’r  un spaventoz  tifon ch’ l’ äva spaventè anca i marinär. Rivè in Giapon  la dovù  sudär il famozi sètt camizi p’r imparär la lénngua  in particolär còlla scrìtta. Par la preparasjón äd  ‘na prédica  a gh’ värva  ‘na stmàna äd lavor, pensäda in italjàn, tradòtta e poi verificäda … A propòzit  äd  lénngua,  Pädor Barnärd al s’arcorda un simpatich anedot. La parola “mamma”, in giaponéz a s’  diz “oka-san”. Cuand  al la  dìtt a sò mädra  la dìtt: “Digh acsì ch’ i‘n capìsson njént” (non capiscono nulla). Pädor  Barnärd, ch’ l’é  stè  par 20 ani  a Oita, atualmént al stà  a Tokio. La méssa p’r  al sò 60° fata in Giapon , al l’à  volsuda  celebrär  a Oita. Invéci  par l’Italja l’à sarnì la sò Pärma, pròprja  la céza  äd San Bendètt  indò  da ragas  l’é carsù  a l’Oratòri.
(Tgnèmmos vìsst)

Enrico Maletti
(Nelle foto di Giuseppe Mezzadri,
1) Da sin. Don Mario Moriggi parroco di San Benedetto; padre Efrem Martinelli, padre Pio Janes carmelitano Priore del convento della SS. Trinità (Oratorio dei Rossi); il festeggiato padre Bernado Zoni da 59 anni in Giappone; padre Giovanni Mezzadri missionario saveriano da 40 anni in Brasile. Di spalle, padre Carmelo Stucchi carmelitano che, nel 1954, è partito per il Giappone assieme a padre Bernardo. 2 e 3) foto di gruppo dopo la S. Messa.

domenica 23 settembre 2012

I 40 anni di matrimonio di Enrico Maletti e Cristina Cabassa di “Parmaindialetto”


 (PER INGRANDIRE CLICCA SULLE FOTO)
(Testo blu in italiano)
Festa per pochi intimi per i 40° anniversario di matrimonio di Enrico Maletti e Cristina Cabassa, ideatori insieme ai figli Marco e Pietro del blog http://www.parmaindialetto.blogspot.it/  il primo sito in italiano e dialetto parmigiano. Era il 23 settembre del 1972, quando Enrico e Cristina si sono uniti in matrimonio. Qui pubblichiamo la foto di rito che allora usava all’uscita dalla chiesa su l’auto degli sposi, e la foto di oggi 23 settembre 2012, con i figli Marco e Pietro. Sono solo i primi 40 anni.

 

(Testo giallo dialetto parmigiano)
I 40 ani äd matrimònni d’ Enrico Maletti e Cristina Cabassa  äd “Parmaindialetto”

 Fésta par socuànt  intìm p’r al  40° anivarsäri  äd matrimònni d’ Enrico Maletti e Cristina Cabassa, ideator insèmma ai fiój Marco e Pietro dal blog http://www.parmaindialetto.blogspot.it/  al prìmm sit in italjàn e djalètt  pramzàn. L’ éra al 23 setémbor  dal 1972, cuand  Enrico e Cristina i s’én spozè.  Chì publichèmma  la foto alora l’éra äd moda  a l’usida dala chéza  su l’avtomobil di spóz e la foto d’incó  23 setémbor 2012, con i fiój Marco e Pietro. J én sol i prìmm 40 ani.
Tgnèmmos vìsst

 

Il Vangelo della domenica. Commento di Don Umberto Cocconi



Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno domenica 23 settembre 2012 alle ore 10,12

 

Dal Vangelo secondo Marco. Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».  E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
 
Gesù insegna, ancora oggi, come insegnava allora. Ma i discepoli – di ieri e di oggi –  non capiscono, ovvero temono di lasciarsi provocare dalle sue parole. “Capire” significa accogliere dentro di sé, fare proprio, afferrare, tenere. Forse, i discepoli non fanno domande perché in realtà hanno colto qualcosa  il lato terribile e per loro inaccettabile  di ciò che Gesù sta dicendo di se stesso e rifiutano di accoglierlo in sé. Hanno paura di lasciarsi coinvolgere o addirittura sconvolgere dalle parole del maestro. Ma c’è di più. Gesù si è accorto che il cuore dei discepoli è altrove, non è certo con lui e perciò li invita a svelare il loro argomento di discussione lungo la via. “Discutere” non è semplicemente “parlare”. L’origine del verbo indica un moto violento: scuotere,  separare, agitare. Il gruppo è entrato in fibrillazione, è in atto un vero e proprio “scontro di particelle”.

Tra i discepoli c’è tensione: ecco perché sono distratti! Dopo che Gesù si era rivolto a Pietro chiamandolo Satana non c’era forse bisogno di un nuovo leader?  Pietro si era “fatto fuori” con le sue stesse mani, declassato da vicario di Cristo a strumento di Satana. Ora sono aperte le candidature. Chi potrà prendere il posto lasciato libero? I discepoli, però, non hanno il coraggio di venire allo scoperto. All’improvviso, sembrano vergognarsi della lontananza dei loro argomenti da quelli di Gesù. Lungo la via, Gesù aveva ribadito che il Figlio dell’Uomo sarebbe stato consegnato nelle mani degli uomini, che gli avrebbero preparato un “posto” tutt’altro che comodo. Loro, invece, sono presi dalla smania di conquistare il posto di comando, non solo comodo ma anche privilegiato ed esclusivo, costi quel che costi. Gesù e i discepoli sono sintonizzati su due lunghezze d’onda ben diverse. C’è chi cerca il primo posto, c’è chi cerca l’ultimo posto; c’è chi cerca un posto al sole e chi accetta invece di occupare un posto “nella notte della morte”.

 Gesù è conscio della profonda frattura nel gruppo dei dodici. Ecco perché dalla strada si passa alla casa, dove tutti insieme possano almeno ritrovarsi, raccolti in uno stesso luogo. Una volta entrato sente il bisogno di sedersi. E’ un segno della sua stanchezza? Del suo essere deluso, amareggiato dal comportamento dei suoi discepoli? In realtà, questo è innanzitutto il gesto del Maestro e Signore, ma è pure il gesto “materno” della chioccia che raduna i suoi pulcini. Egli raccoglie intorno a sé gli apostoli, allontanatisi non solo da lui, ma anche l’uno dall’altro, per lo scatenamento di rivalità mimetiche, come direbbe René Girard, fra piccoli gruppi in competizione tra loro. Chiamando a sé “i Dodici”  tutti insieme, innanzitutto Gesù li toglie dalla massa, dalla folla, dall’anonimato, rivolge loro un appello alla responsabilità, li invita a sottrarsi al contagio della violenza: non sono più l’uno contro l’altro, ma ognuno deve  riconoscere il valore dell’altro, la sua singolarità.  E noi, chissà quali discorsi facciamo, lungo il cammino, sgomitando per farci strada nella vita... Se qualcuno ci ascoltasse, che immagine si farebbe di noi?

Siamo dominati dal desiderio di essere grandi, non diversamente dai Dodici. Siamo tutti contagiati dal desiderio di essere non solo qualcuno, ma di essere i più importanti. Si direbbe che ci “facciamo le scarpe” l’un con l’altro, e a quale prezzo! Invece di gareggiare nello stimarci a vicenda, siamo pronti a sacrificare l’altro e la sua reputazione per la nostra affermazione sociale. Dovremmo ricordarci che ciascuno di noi è un uomo singolo, “quest’uomo qui”, con le sue caratteristiche uniche e irripetibili che ne fanno qualcosa di insostituibile. Gesù si sta rivolgendo a tutti: anche a te che leggi. Sei chiamato a guardarti dentro con sincerità. Senti o non senti il desiderio di essere grande? Spesso, questo desiderio segreto ci corrode  silenziosamente e ci fa sentire l’uno separato dall’altro. Gesù propone invece un modello sconcertante: la vera grandezza sta nel farsi piccolo, nell’occupare l’ultimo posto, quello meno ambito, quello che tutti scartano o dove vengono collocati solitamente gli “inferiori”.

La grandezza, secondo Gesù, sta nel servire, nel darsi tutto a tutti: una chiara allusione alla croce. Non è forse lei,  la croce, l’ultimo posto, quello che di certo non vorremmo occupare? Per rendere il suo insegnamento ancora più efficace, Gesù pone al centro, in mezzo ai suoi discepoli, un bambino. All’epoca di Gesù, il bambino era l’emarginato per eccellenza, l’ultimo nella scala sociale: non aveva alcun diritto. E Gesù lo abbraccia, quasi a dire che il posto che i discepoli devono occupare è tra la gente che non conta, con chi viene scartato o ritenuto “spazzatura”. Gesù afferma che chi accoglie il piccolo, colui che è fragile, che non ha niente, non fa altro che accogliere lui,  e chi accoglie lui accoglie nella sua vita il Padre che lo abbraccia. Mai il Padre è stato così vicino all’uomo! Il Dio che i cieli dei cieli non possono contenere, il tre volte Santo, manifesta la sua gloria, la sua bellezza, nel volto del più debole, verso il quale sei chiamato a prenderti cura. Una mancata risposta ti priverebbe della tua umanità, non meno che della tua stessa dignità.  In questa chiave di lettura, Cristo è davvero una figura “scandalosa”, il paradosso assoluto: un Dio che si presenta sotto l’aspetto più inglorioso, nelle sembianze di un uomo debole, sofferente, soggetto alla morte e alla morte di croce, quasi a negare apertamente la sua potenza, o addirittura il nostro concetto della sua potenza.  

Grazie a un profondo cambiamento interiore, il discepolo di Cristo è capace di non fermarsi alle apparenze, mettendosi così nella condizione di accogliere la manifestazione di un Dio che fa “corpo unico” con la condizione umana nella sua più assoluta fragilità e povertà. Un Dio così è il fondamento di ogni fraternità autentica, senza finzioni, senza ipocrisie: una verità sconvolgente e consolante come nessun’altra. Scrive Soren Kierkegaard, all’età di 22 anni: «A cosa mi servirebbe che la verità mi stesse dinanzi nuda e fredda, indifferente che io la conosca o meno, capace più di provocarmi un brivido di angoscia che un abbandono fiducioso? Ciò che veramente conta è capire se stessi, quello che si deve fare, non quello che si deve conoscere. Trovare una verità che è verità per me, per la quale devo vivere e morire».
(DON UMBERTO COCCONI)

giovedì 20 settembre 2012

Dalla Compagnia "I burattini dei Ferrari" riceviamo e pubblichiamo.

 
 
 
Il Comune di Parma
Museo Giordano Ferrari- il castello dei burattini
La Compagnia I Burattini dei Ferrari

sono lieti di invitarVi 
alla Pergola della Corale Verdi Vicolo Asdente 1 - Parma
Sabato 22 settembre 2012 ore 21.15
Ingresso gratuito

" IL GATTO CON GLI STIVALI”
Fiaba musicale in 3 atti – musiche del M° Piero Barbieri
Vi attendiamo
Daniela & Giordano Ferrari
 

mercoledì 19 settembre 2012

ADRIANO MALORI 10° ALLA CRONOMETRO AL MONDIALE DI WALKENBURG IN OLANDA. (COME DA PRONOSTICO)


 
(Testo blu in italiano)
Nella cronometro ai mondiali di ciclismo in Olanda di Walkenburg  il Parmense Adriano Malori si è classificato al 10° posto, percorrendo i  45,7 km in 1,h 01,19. Per Malori  il piazzamento è stato come il pronostico della vigilia, che era quello di classificarsi nei primi 10. L’altro azzurro Marco Pinotti, si è ritirato per una caduta.

(Testo giallo dialetto parmigiano)
In-t-la cronometro ai mondjä äd ciclìzom in Olanda a Walkenburg  al Parméns  Adriano Malori al s’é clasifichè al 10° post, l’à percors  i  45,7 km in-t -n’  1,h 01,19. Par Malori  al piasamént  l’é stè cme al pronòstich ch’ l’ éra  còll  äd clasificäros  in-t-i  prìmm  10. L’ätor  Italjan  Marco Pinotti, al  s’é  ritirè  parchè l’é caschè.
(Tgnèmmos vìsst)
Enrico Maletti

 

OGGI ALLE 14,26, PARTE LA CRONOMETRO DI ADRIANO MALORI AI MONDIALI DI VALKENBURG.


 





(Testo blu in italiano)
Oggi alle 14,26 a Valkenburg in Olanda, la prova a cronometro su strada ai campionati del mondo di ciclismo. I Traversetolese Adriano Malori (nato a Parma il 28 gennaio 1988, e portacoloriri della Lampre-ISD percorrerà i 45,7 km dalla cittadina di Heerlen a Valkenburg, per la prova a cronometro dei mondiali su strada. Malori spera di arrivare nei primi 10. Vamosssssss Adriano come di ci tu. Tutti i parmigiani sono con te.

 (Testo giallo dialetto parmigiano)
Incó dopmezdì’ a do e vintiséz minud a Valkenburg in Olanda, la próva a cronometro su sträda ai campionät dal mondo äd ciclìzom. Al Traversetoléz Adriano Malori (nasù a Pärma al 28 ‘d znär 1988), e portacolór ädla Lampre-ISD al corarà i 45,7 km dala citadén’na ‘d Heerlen a Valkenburg, par la próva a cronometro di mondjäl su sträda. Malori al spéra äd rivär in-t-i prìmm 10. Vamosssssss Adriano cme ‘diz  tì. Tutt i pramzàn j én con tì.
(Tgnèmmos vìsst)

Enrico Maletti

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