"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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Tgnèmmos vìsst
Al salùt pramzàn äd parmaindialetto.blogspot.com

“Parmaindialetto” è nato il 31 luglio del 2004. Quest’anno compie 16 anni

“Parmaindialetto” l’é nasù al 31 lùjj dal 2004. St’an’ al compìssa 16 an’

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L’ UNICA SEDE DI “Parmaindialetto” SI TROVA A PARMA ED E' STATO IDEATO DALLA FAMIGLIA MALETTI DI “PÄRMA”.







domenica 29 aprile 2012

Il Vangelo della domenica. Commento di Don Umberto Cocconi


Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno domenica 29 aprile 2012 alle ore 17,42

Vangelo secondo Giovanni (10, 11-18): Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
                                                                                                   
Per parlare di sé, per comunicarci chi vuol essere per noi, Gesù utilizza l’immagine del pastore, anzi del pastore “buono” (nell’originale greco la parola è “bello”, nel senso di perfetto, ideale: un “pastore modello”). In questo modo, però, Gesù definisce anche noi: siamo il suo gregge, le sue pecore. Ai nostri giorni, però, la cosa può generare qualche problema, perché la pecora è connotata negativamente. La prima associazione di idee è: “animale privo di personalità”. Al giorno d’oggi, dire a qualcuno “sei una pecora” significa squalificarlo come individuo: uno che segue opinioni e mode senza riflettere, un vigliacco e un pauroso, uno che fugge da ogni responsabilità personale. Nel nostro immaginario, è molto meglio assomigliare al leone che alla pecora. Non per niente, un detto popolare recita: “Meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora”. Nel linguaggio evangelico, invece, il concetto di pecora assume ben altro significato. Le sue connotazioni specifiche sono quelle di saper riconoscere la voce del proprio pastore e (cosa non meno importante) di essere conosciuta per nome (come dire: conosciuta e amata profondamente!) da colui che la guida.                                                      

Forse pensiamo che l’immagine della guida, del leader, della personalità carismatica potrebbe essere più azzeccata, di questi tempi. Eppure, non c’è similitudine più semplice e calzante, per comprendere cosa Gesù sia disposto a fare per noi, che quella del pastore. Che cosa è disposto a fare un pastore buono, un pastore degno di questo nome, per il suo gregge? E’ disposto a donare la sua vita per le “pecore”! Il pastore buono, il pastore ideale, non simboleggia soltanto colui che protegge, che si prende cura del suo gregge, ma rappresenta in senso lato colui che vive per il suo popolo, che arriva a fare “causa comune” con lui. Il mercenario, all’opposto, è colui che agisce per il proprio interesse, per il proprio prestigio, insomma è l’uomo senza scrupoli, che mette al centro di tutto il suo guadagno, i suoi interessi personali. Il mercenario è colui che si è arricchito a spese degli altri, di coloro verso i quali aveva un compito, una missione.

In questo quadro, dove si collocano i politici? Sono pastori buoni o sono mercenari? Sono capaci di fare l’interesse di tutte le loro pecorelle, anche quelle più indifese, oppure assomiglieranno al mercenario che le divora o le lascia in balia “dello spread”? Importa loro quello che succede alle “pecore”? Ne hanno cura? Si fanno carico delle loro difficoltà? Oppure alla prima avvisaglia di pericolo si dileguano lasciandole “cadere nel baratro”? Solo chi è disposto a dare la vita per gli altri, può essere il Pastore del gregge. Ciascuno di noi è chiamato a esercitare una vocazione sociale per il bene della comunità. Giorgio La Pira, il mitico sindaco di Firenze, alle accuse e agli avvertimenti mossigli da più parti sui rischi di compromissione che l'attività politica porta con sé, rispose: «Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa “brutta”! No: l'impegno politico –­ cioè l'impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall'economico ­­– è un impegno di umanità e di santità».

Davanti al Consiglio comunale dichiarò con fermezza che i suoi collaboratori avevano nei suoi confronti un solo diritto, quello di negargli la fiducia, ma non potevano dirgli di non interessarsi: «delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.).  Se c'è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l'amore suggerisce e che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia diminuita. Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco cristiano in ispecienonc'è!».                                                                                                                                                                    Il

Il vangelo sottolinea un altro aspetto: «ho altre pecore che non provengono da questo recinto», dice Gesù. E il suo obiettivo è fare di tutte «un solo gregge, un solo pastore», un’unica grande realtà di comunione. Gesù è venuto a liberare le persone dagli spazi angusti del recinto. Il recinto è qualcosa che ti dà sicurezza, ma che rischia anche di toglierti la libertà, di separarti dalla Vita nella sua pienezza: il pascolo è fuori dal confine del recinto. E nei pascoli del Regno è possibile l’incontro tra pecore condotte fuori da altri ovili, da altri recinti, per godere insieme della Vita che non ha fine.

Con il suo agire, con la sua scelta di dono totale e pieno della vita, Gesù innesca un processo di liberazione crescente per tutta l’umanità. Non soltanto per le persone asserragliate nel recinto di una religione o di una religiosità “protettiva”, difensiva, separatrice e magari molto formale, ma anche per chiunque si trovi costretto dentro altri recinti che comunque lo privano della libertà a cui ha diritto, la libertà dei figli di Dio. La fede cristiana, comunque, è chiamata a vigilare sulla stessa religione, sul rischio che essa diventi un ostacolo alla potente esperienza di liberazione, di affidamento all’unico Pastore, al Modello di una vita e di un amore offerti in pienezza – al pastore che guida ai pascoli della vera libertà, che ci apre il cammino verso il Regno di Dio.
(DON UMBERTO COCCONI)

Adriano Malori al suo primo Giro d’Italia.



(Testo blu in italiano)
Dopo avere partecipato a due edizioni del Tour de France, il campione di Traversetolo  Adriano Malori, giunto al terzo anno da professionista, si prepara ad affrontare il suo primo Giro d’Italia. La sua squadra la Lampre-Isd, ha reso noto i nominativi dei partecipanti  alla corsa in rosa, tra i quali anche il nome di Malori. ,  ha detto Adriano, che in gergo ciclistico vuole dire stare davanti e lavorare per il proprio capitano, con la speranza alla fine del giro di avere parecchie soddisfazioni.  Malori sarà fondamentale per la sua squadra nella  crono a squadre di Verona , ricordiamo la tappa a cronometro del Tour dello scorso anno dove Adriano si classificò al dodicesimo posto, primo degli Italiani, la sua specialità è la corsa contro il tempo.  In questi giorni Malori si stà allenando dalle parti della Val D’Enza e Val Parma, vale a dire dalle parti di casa sua. Poi il via al suo primo Giro d’Italia è fissato per sabato prossimo., che si svolgerà dal 5 al 27 maggio, con partenza quest’anno da Herning in Danimarca, con una cronometro di 8,7 Km e dove la carovana dei girini correrà ben 3 tappe. Dopo il riposo di martedi otto maggio, mercoledi nove il Giro ripartirà dal  territorio Italiano con la cronometro a squadre di Verona di 32,2 Km, dove Malori è uno dei più favoriti.



Adrian  Malori, al so prìmm Gir d’Itàlja.
(Testo giallo dialetto parmigiano)

(Tgnèmmos vìsst)
(Enrico Maletti)


venerdì 27 aprile 2012

Dalla Casa Editrice Battei, riceviamo e pubblichiamo.




Giovedi 3 maggio ore 12,00,
 Libreria Battei strada Cavour Parma.






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Il Pagéli di Crozè in Djalètt Pramzàn. Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 27 aprile 2012

                                                                                                                                      


Realizzato da Pietro Maletti
(Testo in dialetto Parmigiano)
Palèrom Pärma 1-2

Mirànt  déz : in-t-al prìmm témp dò parädi par tgnìr su la baràca, in-t-al finäl n’usida spetacolära a sarär su tutt ! Anca ti cme la scuädra in gran voläda ! Avanti acsì ch’ a s’ pól rivär indò s’ insognävon gnanca

Biabiany déz : un gol ala Beccalossi e scuza s’ l’é pòch par vón che pu che i pè da Beccalossi, al gh’ à la corsa da Carl Lewis

Santacróza sèt : al prìmm témp l’éra da zéro e anca meno, mo al bél vót l’é stè parchè a té t’ si arpiclè ala granda e in-t-al finäl a t’ si saltè fóra cme un león !

Zacärd déz : al vót l’é p’r incoragiamént e parchè a t’ comìnc’ arcordär che ti a t’ gh’è da fnìr la carjéra a Pärma, azvén a cà, ambjént trancuìll, insòmma sta miga andär a sarcär dal frèdd p’r al lét da n’ätra pärta valabén ?

Lucaréli déz : montè su a frèdd, zbaljè gnanca ‘na virgola, acsì cme gh’ à da ésor p’r un veteràn cme ti !

Modést séz : pròprja parchè dòpa ‘na vitòrja acsì béla a ‘n vój där gnanca n’ insuficénsa, parchè la dormida sul gol l’é da camp nùmmor sèt  äd Fognàn, pròprja còll indò va a zugär j’amator pu gram

Palètta déz : in-t-al prìmm témp a t’è tochè fär tant straordinäri par cuatär Santacróza che adésa rivrà l’ufìssi dal lavór a fär un control, second témp sémpor concentrè e convìnt, un gran bél giron äd ritóron

Jonathan déz : a torni a dir ch’ a gh’é d’andär da Moratti a färogh firmär la comproprietè prìmma ch’ a vaga trop su al prési parchè chilù l’é bón e mìga poch

Valdes déz : da centormediàn ala Pin n’ätra partìda cój barbìz, e socuànt scalädi a fär la diagonäla da cuärt difensor cuand a sarviva in-t-al finäl ! Sa t’ avìss catè Donadón socuànt an’ fa chisà che carjéra t’arìss fat

Morón vìnt : a Morón da capitàn a gh’ dagh al vót dòppi, anca parchè tutt j’én sémpor pront a criticärol, mo jerdlà ch’ l’ à fat ‘na partìda strepitóza in pòch i l’àn fat notär

Galòpa séz : béla partida anca par ti Rito, però sérca ‘d tirär su un pò al témp dailà,  a gh’é da balär la samba chi csì, mìga al bal dal matón

Giovinco déz : cuand al zuga acsì l’é al pu fort zugadór italjàn, un piazér p’r j’òc’, delisjóz e concrét, un gran zugadór, sperämma in-t-al miracol, ch’ al pòsa avér la crozäda adòs anca st’ an’ ch’ vén

Okaka déz : l’important l’éra casärla déntor, e ancòrra pu important l’éra andär a ringrasjär còj ch’é rivè fin a Palérom par stärv atàca, bravo Eddy a t’ si ‘drè  muciär di béj vót par la pagéla ad zùggn

Donadón déz : in parténsa socuànt sèlti un pò dzämma “naif”, mo ‘na gran coresjón äd l’asét ädla scuädra in corsa, ch’ l’é ‘na dote fondamentäla par n’alenadór! Second mi Mìsster a Pärma a s’ pól fär cuél äd bél insèmma, dai dai ch’a gh’ provämma dai !

US Barbiano Calcio trenta e lode : pòsja robär socuànt rìghi par där al vót ala “me Socetè” ch’ l’ à m’à vìsst “där spetacol” par cuindz’ an’ e ch’ l’à festegè marcordì i trént’an’ dala fondasjón, trént’an äd calcio amatorjäl, d’amicìssja e Sport con la S maiùsscola in camp e cój pè sòtta ala tävla, grasja in particolär a Tilio Basteri, al Sir Alex Ferguson ädla ValBagansa ai so aiutant dal Circolo la Quercia e ai pu äd dozént zugadór ! AVANTI BARBIANO E AVANTI CROCIATI
(Tgnèmmos vìsst)
(Testo di Crociato 63)


(Correzione ortogtafica a cura di Enrico Maletti)


mercoledì 25 aprile 2012

Il dialetto nelle scuole elementari e medie. Bilancio positivo con Alberto Michelotti , Enrico Maletti, Maurizio Trapelli e Vittorio Campanini. Coinvolti otre 1000 ragazzi.



(Pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 25 aprile 2012)

(Foto di Pietro Maletti)

(Testo solo in Italiano)
Ormai siamo agli sgoccioli, fra poco meno di due mesi anche l’anno scolastico 2011/2012 verrà archiviato e per gli alunni delle scuole elementari e medie di Parma e provincia sarà solo un ricordo. Quest’anno, però, il ricordo sarà positivo per le scuole che hanno avuto il piacere di fare salire in cattedra gli insegnanti di dialetto parmigiano, che sono i parmigianissimi Alberto Michelotti, Enrico Maletti, Maurizio Trapelli, (Lo Dsèvod) e Vittorio Campanini, autore del libro “Impariamo il dialetto parmigiano”, distribuito con la Gazzetta di Parma  all’ inizio dell’anno scolastico. Quest’ anno il nostro vernacolo  è entrato nelle seguenti scuole elementari e medie:  Rodari, Micheli, Milani, Pezzani,  Toscanini, Santa Rosa, (Imeldine) Racagni,  Newton, questa per ben quattro lezioni, la scuola primaria di Sorbolo, dove  la lezione si è svolta nella sala civica del Comune di Sorbolo in via Gruppini.

La nostra lingua parmgiana è entrata anche  nella  scuola media Puccini, e nella scuola media Europea dove Emio Incerti Presidente di  Federalberghi  ha messo a disposizione per la lezione di dialetto una sala dell’Hotel Farnese. Fino ad ora, il progetto dialetto nelle scuole, ha così coinvolto fra elementari e medie oltre mille ragazzi, i quali  hanno assistito alle lezioni di circa un’ora e mezzo ciascuna. Prima della fine dell’anno scolastico sono in programma altre lezioni alle scuole Corridoni, Cocconi, Sant Orsola, Porporano, Maria Adorni, San Leonardo, Vicofertile e Baganzola, in totale è prevista la presenza  di oltre millecinquecento ragazzi delle scuole elementari e medie.  L’insegnamento del vernacolo, è consistito nel coinvolgere non solo i ragazzi ma anche  i docenti nella lettura  di testi pubblicati sul libro di Campanini, e nella presentazione di parole parmigiane scritte in dialetto su un foglio, dove  nel retro si trovava la traduzione in italiano. Dopo i risultati positivi di quest’anno, per il progetto dialetto nelle scuole elementari e medie  appoggiato dalle associazioni Famìja Pramzàna, Parma Nostra,    http://parmaindialetto.blogspot.it/ si stà lavorando per continuare questa esperienza nei prossimi anni scolastici.




martedì 24 aprile 2012

Grazie al web...l'America si è interessata all'elezione del sindaco di Parma



(Testo blu in italiano)
Grazie al web per l’elezione del sindaco di Parma si è interessato anche il Presidente degli Stati Uniti Obama.

(Testo giallo dialetto parmigiano)
Grasja a internet par l’elesjón dal sìnndich äd Pärma s’ é interesè anca al Presidént Americàn Obama.




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Alberi, successo per la Festa di Primavera e secondo Memorial Francesco Saponara



(Testo solo in italiano)
Parma, 23 aprile 2012 – Il maltempo ha concesso una tregua nel fine settimana e il 2° Memorial Francesco Saponara nell'ambito della 15ª edizione della Festa di Primavera al Centro San Lorenzo della parrocchia di Alberi si è potuto disputare regolarmente con una buona cornice di pubblico.



Per il secondo anno consecutivo la vittoria nella manifestazione calcistica è andata alla squadra degli Amici di Alberi che nel triangolare ha avuto la meglio sia dei Missionari Saveriani (2-1) sia dei Giornalisti (5-3). Quest'ultimi giunti secondi (come nel 2011) per aver superato i Saveriani ai calci di rigore (ogni squadra ne ha dovuti tirare ben 9!) dopo che i tempi regolamentari erano terminati sul risultato di parità (1-1).

Un plauso particolare all'arbitro, l'inossidabile Alberto Michelotti, che ha dimostrato di essere sempre il numero uno. E un sentito grazie a Bertozzi Medaglie per i trofei messi a dispozione anche quest'anno.

Per quanto riguarda la Festa di Primavera, ideata quindici anni fa dallo stesso Francesco Saponara, e quest'anno organizzata dalla parrocchia di Alberi con la  Famija Alberese e il contributo, per la merenda a base di torta fritta, dello staff del missionario don Dall’Asta, successo della Riffa (3mila i tagliandi venduti) e del Torteo, la competizione che ha messo in gara 32 torte per aggiudicarsi la palma di più bella (vittoria per Lara Jardas con un dolce a forma di farfalla di primavera) e quella di più buona (successo per Margherita Raffaini con una torta di nutella e ricotta).

Il ricavato della festa andrà al gruppo di sostegno di don Dall’Asta e per finanziare le due adozioni a distanza in Brasile attivate alcuni anni fa dalla parrocchia di Alberi. Durante il pomeriggio ci sono stati giochi campestri per i bambini uniti al trucca bimbi.




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APPELLO PER SALVARE IL FRUTTETO STUARD A PARMA


L'azienda sperimentale Stuard si trova alla Crocetta, in strada Madonna dell'Aiuto, poco dopo i campi da calcio, a Parma. Da oltre vent'anni possiede un frutteto di frutta antica visitato e invidiato da tutta Italia. Lo Stuard è una azienda speciale della Provincia di Parma, da cui dipende totalmente.


La Provincia ha deciso di costruire allo Stuard la nuova sede dell'istituto agrario Bocchialini, ora allocato in viale Piacenza. Dove lo vogliono costruire? Sul frutteto naturalmente!! Per Parma è uno smacco, un assurdo nei termini, un inutile spreco. Oggi I gruppi di acquisto solidale che fanno parte di Intergas Parma si trovano davanti a questa notizia, che nessuno conosceva. Come poter continuare a collaborare con chi sta per cementificare un frutteto? Come tacere l'assenza di informazioni sul progetto, il voler agire senza informare l'opinione pubblica?

SALVIAMO IL FRUTTETO STUARD



Intergas lancia una raccolta di firme alla città, alla società civile, al mondo dell'associazionismo per poter comunicare alla Provincia, ed allo Stuard, il pensiero della città, la volontà dei cittadini, lo sconcerto del mondo dei gruppi di acquisto solidale.Tacere è impossibile, il frutteto va salvato.
La Provincia dovrebbe ripensare la scelta complessiva aprendo una discussione pubblica sul tema e coinvolgendo i soggetti interessati.

Salviamo il frutteto Stuard

Salviamo la biodiversità

per leggere e firmare l'appello clicca sull'indirizzo seguente:

http://www.liberacittadinanza.it/sedi/parma/salviamo-il-frutteto-stuard


FIRMIAMO… FIRMIAMO… FIRMIAMO

Maria Ricciardi (p. Intergas Parma)


lunedì 23 aprile 2012

IL 25 APRILE LA CASA DELLA GIOVENTU DI BAGANZOLA COMPIE 50 ANNI





(TESTO SOLO IN ITALIANO)
Baganzola: la Casa della Gioventù compie 50 anni. Cinquanta anni di un luogo, di una ‘casa’ di incontro e di formazione pensato e desiderato fin dai primi anni di ministero pastorale  da Don Lino Rolli. La Casa della Gioventù, fra i mille ostacoli economici e organizzativi immaginabili a quel tempo, divenne un’ipotesi concreta con la posa della prima pietra nel 1956. Il desiderio e la volontà si traducevano in un progetto operativo che veniva immaginato come polifunzionale, capace cioè di corrispondere a una molteplicità di richieste. E così si pensò alle aule per il catechismo ma anche a un circolo con bar, a un cinema-teatro, e si pensò a un campo da calcio.

Questa impresa così impegnativa riuscì a decollare pur nella consapevolezza che una struttura, di per sé, non avrebbe risolto i problemi di contatto con la gente e di coinvolgimento dei giovani. “I muri non bastano, scriveva don Rolli, immaginiamo mura vive, sale animate, sedie occupate, cortili vocianti”. Ma perché questo avvenisse occorrevano persone disponibili, educatori, volontari impegnati nella gestione degli spazi e delle iniziative. Questa mobilitazione ci fu e le iniziative cominciarono a fiorire. Ma da lì a poco un male terribile colpì Don Rolli che dovette rinunciare alla Parrocchia lasciando la Casa della Gioventù al suo successore che, fortunatamente, per l’aiuto generoso di alcune persone in particolare ma anche per una sentita partecipazione di molti, non si trovò a dover far fronte ai debiti accumulati.


Da allora la casa della Gioventù di Baganzola fu punto di riferimento per un gran numero di ragazzi e ragazze, occasione di incontro e di amicizia, luogo di approfondimento religioso e culturale, di cui molti hanno memoria e gratitudine. Celebrare oggi il 50° anniversario dell’inaugurazione è occasione in primo luogo per ringraziare Don Rolli e i suoi più attivi collaboratori del primo periodo, ma anche per ringraziare tutti coloro che hanno reso vivo, dinamico, significativo nel corso di questi 50 anni questo luogo di incontro. Sacerdoti, animatori, persone che hanno avuto ruoli di dirigenza e di coordinamento fino a coloro a che si sono resi disponibili per servizi organizzativi umili ma indispensabili (anche tenere in ordine il cortile è un servizio prezioso).

Ma questa celebrazione del 50° è anche l’occasione per riflettere sulle prospettive future. Il cambiamento della zona, intervenuto dal 1962 a oggi, è enorme in termini sociologici, economici, urbanistici, culturali. Il volto della parrocchia non è più quello di cinquant’anni fa: presenze nuove e nuovi bisogni interpellano la comunità. E’ questa allora anche un’occasione da parte della comunità parrocchiale per ripensare il senso della propria presenza, dei propri impegni e delle proprie proposte nei confronti soprattutto delle nuove generazioni. Un ripensamento che non può prescindere dalle indicazioni della Diocesi in ordine alla trasformazione delle Parrocchie  e che include anche l’utilizzo delle strutture che le comunità hanno a disposizione. Una celebrazione quindi quella del 50° che è anche una chiamata a nuove collaborazioni e nuovi impegni pastorali.


La giornata del 25 Aprile inizierà alle 9,30 con la benedizione della lapide commemorativa al cimitero con la presenza della banda “Città di Collecchio”. Alle 10,30 S.Messa celebrata dal Vescovo e accompagnata dal coro “Voci di Parma”. Seguirà l’intitolazione della Casa a Don Lino Rolli e la visita alla mostra fotografica. Nel pomeriggio giochi per bambini, sfilata di abiti da sposa, partita di calcio “vecchie glorie”, torta fritta e salumi.
(Ermanno Mazza)
(Nelle Foto: storiche: 1) 18 novembre 1956, posa della prima pietra della Casa della Gioventù, in primo piano Don Lino Rolli e il Vescovo Monsignor Evasio Colli. 2/3 alcuni ragazzi che festeggiano e l'entrata del teatro nel giorno dell'inaugurazione 25 aprile 1962)



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Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn. Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 23 aprile 2012


                                                                                      


Realizzato da Pietro Maletti
(Testo in dialetto Parmigiano)
Pärma Cagliari  3-0

Mirànt  òt : gran paräda sul zéro a zéro, petnadura un pò  meno e majètta che pù che p’r un portér l’andäva  bén d’ andär a balär al Jumbo äd sòtta

Jonathan déz : ormäj chilù  l’é dvintè al me pupillo, a tutt il manéri  dal tutt a né m’ son miga zbaljè cuand  j’ò  ditt ch’ al gh’ à di nummor mìga da rìddor ! Bibì e Bibò, consìlli  da vón ch’ a n’ in sa, provì andär a Milàn subìt a rinovär al prestit e magàra a ciapär la comproprietè  che second mi a fì  n’afäri

Zacärd òt : corsia saräda su e Jonathan cuatè da razón, cme al pù dil volti, taticamént parfét, ‘na garansja !

Lucaréli òt : parfét e trancuìll par tùtta la partìda, adésa tgnìr dur ancòrra un pär  ‘d partìdi e pò a s’ pól sarär su botéga anca par st’ an’ dai

Palètta òt : codìggn, concentrè e con la ghìggna da catìv cme a m’  pjäz a mi p’r un difensor ! Second mi l’é in-t-al momént äd màssima forma da cuand l’é a Pärma e l’é  ‘drè a infilär  dil  béli partìdi  vùnna  ‘drè  cl’  ätra

Gobbi séz : socuànt vot in meno, parchè pronti-via da la tò pärta j én gnu zò un pär äd volti par colpa äd dormidi  ch’ j àn fat un gran dir, e a t’ pól ringrasjär Mirànt s’ in n’ àn  mìga sgnè,  m’arcmand marcordì ch’ l’é  fondamentäla, ansi äd pù

Valdes òt : Calimero,  ordinè cme ‘na camaréra Filipén’na, tich  tach, tich tach, pù che Valoti  jerdlà a t’ m’è arcordè  Pin, e n’é  mìga un complimént da pòch, parchè Lele l’éra un grandìssim in camp e fóra !

Galòpa sèt : béla partida Rito, davanti a t’ gh’ äv di cliént  tignóz, t’è tgnù bóta e ansi ala fén  li  in méza a t’è  cmandè ti e cuand a s’ vénsa a centorcamp, nóv vòlti su déz  a s’ vénsa la partida

Valian òt : rispóndor prezént e färos catär pront anca cuand a né s’ zuga un granchè l’é ‘na cóza pozitiva, par  ti , par l’alenador, par la scuädra, par tutt  insòmma ! Bravo e contìnnva acsì che adésa a t’ zugarè un pò  pù de spèss

Giovinco déz : a s’ é vìsst subìt ch’ l’éra vùnna äd ch’il partìdi che par j’avarsäri i dvénton n’ incubo, spetacolär  e concrét,  ormäj l’é sicur ch’ l’andrà via, a cóll  pónt chi a spér almeno ch’ al n’artorna mìga a torén parchè arväddrol con ch’ la maja  a m’  darìss pròprja fastìddi un bel pò

Floccari òt : n’ätra béla partìda e ‘na cälma da Zvedéz a tirär al rigor  in-t-un momént ch’ al podrìss ésor col ch’ l’ à mìs la parola “fine” insìmma al discors salvèssa ! Vè balarén, sit pròprja sicur d’andär via ?

Okaka déz : Eddy Trota l’à fat n’enträda strepitóza, déz minud sénsa zbaljär gnanca un balón, vól dir ésor un ragas séri e profesionìssta da razón anca s’al n’é mìga un campjón, mo a Pärma l’é pù importanta la primma  còza, l’impìggn e la serietè

Donadón déz : partìda parféta, scuädra bén mìssa in camp, con n’idea äd zógh bén precìza, in pochi paroli n’alenador da tgnìr strìch, a bón intenditor pochi paroli….intéz ??

Bibi e Bibò déz : par chi al n’ à mìga capì Ghirärdi e Leonärdi, un déz par la béla decizjón  äd stär fóra da cla pajasäda vargognóza ädla riunjón äd Lega, a speculär  anca insìmma a la morta d’ un pòvor ragas ! Bravìssim, vìsst che cuand a v’ meritì un déz al riva subìt e vlontéra ? Adésa però a gh’ ò un bonus p’r un zéro da därov, ch’ a spér ch’ a né gh’ sia mìga mäj bizòggna äd tirär fóra d’ in sacòsa, mo sa dovìss capitär a gh’ ì da promèttor d’acetärol sénsa  protestär ! AVANTI CROCIATI
(Tgnèmmos vìsst)
(Testo di Crociato 63)

(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)


sabato 21 aprile 2012

Il Vangelo della domenica. Commento di Don Umberto Cocconi.


Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno sabato 21 aprile 2012 alle ore 16,33

 

 

«Roba nominäda, roba par la sträda»


Dal vangelo secondo Luca:  I due discepoli che erano ritornati da Èmmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

L’evangelista Luca, discepolo della seconda generazione, scrive il suo vangelo intorno agli anni 80 dell’era cristiana. Ha «posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi ... come glieli  hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola». Ha compiuto «ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi», scrivendone «un resoconto ordinato» perché ciascuno di noi “posteri” potesse rendersi conto «della solidità degli insegnamenti ricevuti». Luca cerca di rispondere agli interrogativi, alle provocazioni degli uomini e delle donne del suo tempo, che come noi si ponevano  tante domande sulla persona di Gesù e in particolare intorno all’evento della resurrezione. Anche a noi viene spontaneo chiederci: che esperienza ebbero del Signore Risorto i discepoli? Come compresero che era vivo, anzi, il Vivente? Hanno avuto un’allucinazione collettiva?  Come hanno compreso di aver visto Lui, il Signore Risorto nel suo vero corpo? Non possiamo fare esperienza del Signore Risorto come la fecero a suo tempo i discepoli: dobbiamo credere allora che ci sia preclusa ogni esperienza “reale” di Lui? Ogni uomo e ogni donna di ogni tempo, come all’epoca di Luca, vive questo dramma:  è ancora possibile fare esperienza del Signore Risorto? E se è possibile, come avviene?

Il racconto che Luca “confeziona” cerca di rispondere in modo molto realistico alle nostre domande. Leggendo questa pagina di vangelo, alquanto sorprendente, siamo invitati a lasciarci coinvolgere e sconvolgere, come quel giorno si lasciarono sconvolgere gli Undici. Sconvolgere vuol dire etimologicamente “conturbare l’ordine, scombussolare, devastare, scompigliare, stravolgere”.  Solo se ci lasceremo “mettere sottosopra” potremo giungere all’incontro con la Verità.
In dialetto parmigiano si dice: «Roba nominäda, roba par la sträda». E ci sono anche altri modi di dire simili «Si parla del diavolo e spuntano le corna» oppure  «Si parla di Lui e spuntano le aureole». E’ un modo pittoresco per dire che ciò di cui si parla è vicino, è in cammino, si renderà visibile al più presto. «Mentre essi parlavano di queste cose...», racconta Luca. Il verbo è all’imperfetto, indica un’azione che dura nel tempo. I discepoli stanno parlano di Gesù (allora come oggi), stanno condividendo ciò che lo riguarda e li riguarda: ascoltano la narrazione dei discepoli di Emmaus, «ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane». Avranno pure parlato di ciò che le donne avevano visto alla tomba, in quel mattino dopo il sabato. Ebbene si parla, si racconta di lui, di Gesù – ed ecco che Lui in persona si rende visibile. Del resto, non aveva forse detto «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»? Si parla di Lui e Lui è con noi. E dona la pace. Il segno che dice che Lui è con noi è la pace, il dono messianico per eccellenza.

Ma i discepoli non potrebbero aver avuto un’allucinazione collettiva? Non potrebbero essersi  suggestionati  a vicenda? Luca a questo riguardo, si comporta da nostro perfetto contemporaneo, e per rispondere alle nostre elucubrazioni illuministe  ci dice che i discepoli non solo erano «sconvolti e pieni di paura» ma «credevano di vedere un fantasma», ossia percepivano un evento esterno a loro, credevano di vedere uno spirito, una presenza misteriosa, qualcosa “non di questo mondo”. Ed è il secondo passaggio nell’itinerario di conoscenza degli Undici: questo che loro credono essere  uno spirito ha un corpo, è fatto di carne ed ossa. E questo corpo che si manifesta in mezzo a loro rimanda a Gesù di Nazaret, colui che era stato crocifisso. Non il volto o la voce, ma le mani e i piedi sono il suo segno di riconoscimento. Le sue mani e i suoi piedi che portano i segni dei chiodi rivelano la sua identità più di qualunque altro segno. E questa volta è addirittura la gioia a impedire loro di credere! Anche a noi sarà capitato di vivere una gioia talmente grande, talmente incredibile, da farci dubitare della realtà di quello che stiamo vivendo. Sono così felice, che mi sembra di impazzire dalla felicità. Quello che vivo è troppo bello per essere vero! Forse anche gli Undici hanno vissuto tutto questo.

E’ un sogno, non è realtà! Ma c’è un terzo passaggio per dissolvere ogni illusione, ogni paura: il Risorto mangia, quasi a dire con forza: sono vivo e vero. Il mangiare, nella nostra cultura, testimonia che un essere è vivente. L’evangelista racconta in diretta e al rallentatore tutte le emozioni, tutte le esperienze, tutti i passaggi conoscitivi che gli Undici apostoli ebbero dell’incontro con Gesù, esperienza reale, concreta, in quel giorno, il primo dopo il sabato. Ma sta parlando a noi, alla comunità di ogni tempo. In filigrana, ci dice che anche a noi è data la possibilità di incontrarlo: nell’esperienza dello spezzare il pane, nell’esperienza della fraternità che nasce dall’essere riuniti nel suo nome. Come Gesù dice ai suoi discepoli: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!», così invita anche noi a volgerci alle Scritture, se vogliamo comprendere e conoscere il disegno di Dio che si è compiuto nella storia di Gesù Crocifisso e Risorto.

Il Crocifisso «attrae», nella sua evidenza e nel suo mistero. Ogni uomo desidera incontrare la verità – di Dio e dell'uomo – che il Crocifisso è in grado di mostrare. Agli occhi che sanno vedere, si svela così un tratto straordinario: l'amore di Dio ha percorso lo stesso cammino del nostro amore, fino all’estremo. Che cosa c'è di più attraente dell'amore? L’uomo è fatto per essere amato e per amare, lo sappiamo. Ma che cosa c'è di più debole dell'amore? Esso appare troppo spesso sconfitto, e più grande è, più appare sconfitto. Questa tensione tra forza e debolezza trova il suo punto culminante e illuminante nel Crocifisso Risorto. Qui si vede l'insospettata profondità dell'amore, la sua forza di dedizione, la sua gratuità, ma anche la sua scandalosa debolezza: il Crocifisso è l'icona di un amore manifestato e rifiutato. Ma il Crocifisso è Risorto, vittorioso: dunque la debolezza dell'amore è in realtà la sua forza.

Se vuole testimoniare annunciare il Signore Gesù, la comunità cristiana deve essere diversa dal mondo, dalla logica che troppo spesso lo governa. Quale diversità, in particolare? Il mondo non è semplicemente il luogo in cui Gesù è venuto. Amarlo, salvarlo, è il pensiero dominante del cuore di Dio, la ragione esclusiva dell’Incarnazione. Il mondo lasciato a se stesso conosce solo l'amore interessato e di parte: tutto il contrario dell'amore di Dio. Per essere “segno di contraddizione” come Gesù – e dunque annunciatori del suo vangelo – occorre il coraggio di mostrare la gratuità e l'universalità dell'amore. È la via, lo stile inconfondibile di Dio.
(DON UMBERTO COCCONI)