"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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Tgnèmmos vìsst
Al salùt pramzàn äd parmaindialetto.blogspot.com

“Parmaindialetto” è nato il 31 luglio del 2004. Quest’anno compie 16 anni

“Parmaindialetto” l’é nasù al 31 lùjj dal 2004. St’an’ al compìssa 16 an’

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L’ UNICA SEDE DI “Parmaindialetto” SI TROVA A PARMA ED E' STATO IDEATO DALLA FAMIGLIA MALETTI DI “PÄRMA”.







lunedì 31 dicembre 2012

Bón 2013 da "parmaindialetto" "a tutt i pramzàn" . Anca ai strajè p'r al mond. Tgnèmmos vìsst.

 
 

Bón 2013 da "parmaindialetto"
"a tutt i pramzàn" .
 Anca ai strajè p'r al mond.
 
Tgnèmmos vìsst.

1 Gennaio 2013 ore 17,15 a TV Parma "MARIA LUIGIA UNA SOVRANA UNA DONNA" film documentario regia di Mauro Biondini.

 
 


Si comincia il nuovo anno a TV Parma martedi 1 gennaio alle ore 17,15 con "Maria Luigia... una Sovrana una donna", film documentario per la regia di Mauro Biondini. Il cast degli attori tutti parmigiani. Il Principe Diofebo Meli Lupi, Giovanni Godi, Achille Mezzadri, Enrico Maletti, Luigi Raffaelli, le Marchese Zaira Dalla Rosa Prati e Gabriella Pallavicino, Slvia Rossi, Barbara Biondini, Francesca Strozzi, Artemio Cabassi e Paola Sanguinetti nella parte di Maria Luigia. Buon 2013 a tutti i parmigiani.

Nelle foto 1) Maria Luigia e il cast degli attori, (foto e montaggio di Steve Mezzadri). 2) Mauro Biondini con il DVD di Maria Luigia, foto (Videopres).

domenica 30 dicembre 2012

IlVangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi.



Pubblicato da Don Umberto Cocconi
il giorno lunedi 30 dicembre 2012 alle ore 14,04
 

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Vangelo secondo Luca)
 
Al centro di questo brano di vangelo vi è una famiglia, la Famiglia di Nazareth, così diversa ma anche così simile alle nostre. Quando si diventa genitori, lo si rimane per sempre: è una qualifica, un segno permanente, una realtà dalla quale non si esce più. Ed è proprio questa condizione così importante e ricca di compiti, di responsabilità, di gioie, dolori e ansietà, a colmare la scena di questo racconto, che ci introduce profondamente nel mistero della “genitorialità”. Tutto ruota intorno a Gesù, il Figlio, colto in un momento decisivo del suo cammino umano e divino. Ha dodici anni, sta per compiere il passo decisivo per divenire adulto nella sua comunità: a tredici anni farà il suo bar mitzvà, cioè diventerà figlio dei precetti divini, responsabile davanti a
Dio e al popolo dell’Alleanza. E’ il passaggio dalla fanciullezza alla maturità della vita: a quest’età, un ebreo  inizia a comprendere quale sarà sua vocazione, la sua chiamata personale, il suo posto nel mondo. Comincia quella fase stupefacente in cui l’individuo deve decidere che cosa vuol fare della sua esistenza. In genere, le grandi scelte cominciano a delinearsi in questi anni così preziosi e difficili. Ma l’ingresso nell’adolescenza è anche il tempo in cui incominciamo a ridefinire il nostro modo di essere figli.  Ed è questo il momento in cui il genitore dovrebbe porsi la domanda: “Sono attento ai cambiamenti non solo fisici o scolastici, ma anche morali ed esistenziali, che si stanno verificando  nella vita di mio figlio?”.  Succede a volte che pur essendo loro vicini -  talvolta anche troppo - non si riesca a cogliere i loro turbamenti, i loro interrogativi, la loro ricerca.

E’ ciò che vedremo capitare anche nella vita di Maria e Giuseppe, che nonostante la loro condizione di genitori “speciali”, hanno vissuto l’ordinaria difficoltà di comprendere il figlio. Quelle parole «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» devono essere piombate, come un macigno nella loro vita familiare e personale, segnata fin dall’inizio dalla presenza del Dio dell’Impossibile. Gesù li riporta al nucleo essenziale e sconvolgente della loro esperienza. Assurdità o immersione nel Mistero trinitario? La vicenda si svolge a Gerusalemme, che per ogni ebreo è la Città santa, luogo rivelativo della gloria di Dio: luogo del tempio, della preghiera, della gioia e della festa. E allora potremmo chiederci: noi, come famiglia, siamo diretti a Gerusalemme, ossia verso una pienezza di vita, verso l’incontro con il Signore, oppure camminiamo verso Babilonia, la città del consumismo, del divertimento, del denaro a tutti i costi e del successo? «E forse ci sono famiglie che non vanno  né verso Gerusalemme, né verso  Babilonia, perché non sanno dove vanno, perché non hanno direzione, ecco la domanda: quale direzione abbiamo?» (C. M. Martini). Dopo essere stati a Gerusalemme, Maria e Giuseppe ritornano a casa, convinti che Gesù sia con loro, con il resto del clan familiare; invece, senza saperlo, si stanno distanziando da lui, fanno un viaggio nella direzione sbagliata. Dopo aver scoperto che il ragazzo non è con loro, si metteranno a cercarlo ansiosamente tra gli amici e i conoscenti.

Dev’essere stato umiliante andare di tenda in tenda, dall’uno all’altro, e dire: “Avete visto Gesù?”, sentendosi forse rispondere: “Ma come, non sapete dove si trova vostro figlio?”. Senza dubbio si è trattato di una ricerca sofferta perché Maria e Giuseppe cercano, ma non trovano. Quale angoscia, quali amarezze  per un genitore non trovare il proprio figlio! Quante lacrime sparse e quanti ipotesi drammatiche saranno balenate nella mente di Maria e  Giuseppe! Ecco allora la decisione: l’unica e la più motivata ossia tornare indietro alla ricerca di Lui. Lo cercano però alla luce delle loro convinzioni, delle loro ipotesi mentre se lo cercassero, secondo le prospettive del figlio, la ricerca sarebbe assai più breve e la direzione più sicura e giusta. E viene  proprio da pensare che a un certo punto, sia pure in modo oscuro, dev’essersi affacciata nel loro cuore questa domanda: “E’ un ragazzo dallo spirito sensibile, sembrava così attratto dal Tempio ... Non si sarà fermato lì?”. «Questo cercare quindi è il simbolo  di ogni nostra ricerca di senso della vita. E’ il simbolo di una ricerca in cui genitori e figli  si possono incontrare davvero» (C. M. Martini). Dopo tre giorni, il riferimento alla pasqua non è casuale, Maria e Giuseppe trovano Gesù seduto in mezzo ai maestri della legge, intento ad ascoltarli e a interrogarli.  Mentre i suoi corrono, affannati e angosciati, Gesù è tranquillo, seduto, sorprendente Maestro tra i maestri, tutto preso dal mistero del Padre. Colui del quale si dirà “non abbiamo mai sentito nessuno parlare così”, ora ascolta e interroga, con curiosità, con vivo desiderio di apprendere, come uno che ha grandi domande dentro di sé. Un genitore potrebbe chiedersi, a questo proposito, riguardo al proprio figlio:

“Come posso valorizzare le sue aperture di orizzonte, come posso leggere nel suo cuore i suoi sogni e i suoi desideri di autenticità?”. Al vederlo in questo contesto, in una situazione insolita e da loro imprevista, Maria e Giuseppe provano stupore per l’intelligenza e la maturità delle risposte di Gesù. Essere intelligenti significa penetrare il senso dei fatti, andare in fondo alle cose; non fermarsi alla superficie, non accontentarsi di risposte banali, ma esigere chiarezza. Forse i genitori di Gesù si sono chiesti: “Che cosa non abbiamo capito di lui?”. «Quindi c’è un misto di gioia, di rammarico e di sofferenza insieme, di stupore appunto: Come mai non abbiamo immaginato questo?» (C. M. Martini). La risposta che Gesù dà all’angoscia dei genitori non solo ci spiazza, ma ci sconcerta e ci fa riflettere: “Perché mi cercavate”, quasi fossi un oggetto smarrito? Viene un momento, nella vita, in cui è più difficile capire i figli: anche Maria e Giuseppe ne hanno fatto esperienza. Il figlio è talora più grande di quanto i genitori pensino perché è cresciuto,quindi appartiene alla vita, appartiene a Dio e non più a loro. Potremmo chiederci come un genitore possa aiutare suo figlio a crescere in età, grazia e sapienza.

Quali sono le esperienze,  gli “stage formativi” a cui lo si dovrebbe iscrivere, per giungere a questi traguardi? Qualche università prestigiosa, un soggiorno all’estero, la frequenza dell’Erasmus? Eppure Gesù è divenuto vero uomo rimanendo a Nazareth, un luogo che pareva dimenticato dalla storia ma è proprio là che è avvenuta la formazione del figlio di Dio. Per aiutare a crescere, non solo in età, ma soprattutto in grazia e sapienza, non occorrono dei genitori speciali, perché moderni, all’avanguardia o perfetti: prima di tutto, ci vogliono un papà e una mamma ricchi dell’esperienza dell’amore. In un suo recente articolo, Silvia Vegetti Finzi ha scritto che accantonare le punizioni e privilegiare elogi e abbracci è la via per far crescere bene un figlio. I genitori non dovrebbero concentrarsi sui comportamenti cattivi dei figli, dovrebbero piuttosto valorizzare quelli buoni. «Se cominciate ad elogiare i vostri figli, di conseguenza aumenterà la frequenza dei buoni comportamenti». I più piccoli soprattutto, sentendo riconfermato il legame con i genitori da un abbraccio o da manifestazioni fisiche di affetto, si sentirebbero accolti e incoraggiati;  il castigo, invece, li farebbe sentire respinti e non solo smetterebbero di fare i capricci e sarebbero portati ad acquisire una buona stima di sé.
(DON UMBERTO COCCONI)

Lo staff di "Parmaindialetto", nell'augurare buon 2013, consiglia il libro "IL SOLE E LA NEVE" , testo di Luigi Alfieri immagini di Enrico Robusti.

 
 
 
 
 
 
Dopo un accurato lavoro di ricerca, creazione e produzione, un nuovo progetto Fermoeditore: si tratta del volume "Il sole e la neve", un testo di Luigi Alfieri accompagnato dalle immagini di Enrico Robusti.
Buon 2013
(Tgnèmmos vìsst)

venerdì 28 dicembre 2012

Presentato alla Corale Verdi il calendario 2013 del bicentenario Verdiano.

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(CLICCA SULLE FOTO PER INGRANDIRLE)
(Testo blu in italiano)
Il presidente della Corale Verdi Andrea Rinaldi e il giornalista-scrittore Egidio Bandini, hanno presentato all' auditorium "Romano Gandolfi" della Corale Verdi il calendario 2013 per il bicentenario della nascita del Maestro Giuseppe Verdi.
I mesi del calendario sono corredati da fotografie e disegni della vita del Maestro di Busseto. Erano presenti fra il pubblico, il presidente di Parma Nostra Renzo Oddi, il presidente del club Terre Celtiche Aldo Maggi, il regista Mauro Biondini e un folto pubblico di appassionati Verdiani.

 

(Testo giallo dialetto parmigiano)
Al presidént ädla Coräla Verdi Andrea Rinäldi e al giornalìssta-scritór Gidio Bandén, j àn prezentè a l' auditorium "Romano Gandolfi" ädla Coräla Verdi al lunäri 2013 p’r al bicentenäri ädla nasita dal Méstor  Pepino Verdi.
I méz dal lunäri j én coredè da fotografjj e disìggn ädla vìtta dal Méstor äd Busèjj. Gh’éra prezént fra ‘l pubblich, al presidént äd Pärma Nostra Renzo Oddi, al presidént dìll club Téri Celtiche Aldo Maggi, al regìssta Mavro Biondén e un  pubblich d’ apasionè Verdian.
(Tgnèmmos vìsst)

E.M.

(Nelle foto alcuni momenti della presentazione del calendario Bicentenario Verdiano 2013)

 

Foto del ‎6 maggio 1989. 4 generazioni dei Maletti. Ci sono anche io, sono passati 23 anni e probabilmente cresciuto 23 chili, non mi riconosco, quale sono ??? Tgnèmmos vìsst



(Testo giallo dialetto parmigiano)

Foto dal 6 magg’  dal 1989. 4 generasjón  ädla famìja  Maletti.  Agh’ són anca mì, è  pasè  23 an’ e probabilmént  carsù anca 23 chilo, che a’ n’ é m' conòss pu, cuäl sónja ??? Tgnèmmos vìsst
 
(CLICCA SULLA FOTO PER INGRANDIRLA)
 

Briciola di "Parmaindialetto" e i suoi amici, chiedono niente "BOTTI" a fine anno.

 
 
Sono Briciola di "parmaindialetto", vi chiedo anche a nomi dei miei amici se quest'anno potete salutare l'arrivo del 2013 senza "BOTTI" Ciao a tutti e "Tgnèmmos vìsst"
 
 
 
 
 
 

Anca st’ an’ l’ult’m äd l’an’ a teator con l’operètta. A mezanòta al brindizi con I cantan äd “CIN CI LA”


 
(Testo in dialetto parmigiano)
Anca st'an’ al 31 dzémbor a teator. Con l'operètta "CIN CI LA". Par chi vól pasär n' ult’m äd l'an’ in compagnia, sénsa bòt, con un brindizi a mezanòta, al post ideäl l’é   a l'Auditorium Paganén. P’r al tèrs an’ adrè fila a farà da padrón l'operètta. Il  prenotasión j én ancòrra avèrti  ala biljeteria dal teaot Regio in via Garibäldi tel. 0521039399 mail: biglietteria@teatroregioparma.org  La biljeteria l’é  avèrta dal lunedi al venardi dalj ori 10,30/13,30 e 17/19. Ala fén dal spetacol brindizi con j artissta e i cantant äd l’operètta. Al prési dal biljètt l’é  compagn a l’an’ pasè € 40 a tésta. Al ricavè al srà dè a l'Asisténsa Publica äd Pärma.
(Tgnèmmos vìsst
E.M.

 

Le iniziative dei club Lions Bardi Val Ceno, Lions Club Parma Farnese e i giovani del Leo Club, si sono svolte il 22 dicembre a Parma in piazza Garibali e sotto i portici del grano.



(Foto di Donato Carlucci)
(Clicca sulle foto per ingrandirle)
(Testo blu in  italiano)
Le iniziative dei 2 Lions e del Leo Club il 22 dicembre in piazza Garibaldi hanno visto l’intervento del Sindaco Federico Pizzarotti e della vicesindaco Nicoletta Paci rendendo l’evento più interessante. I soci del Lions Club Bardi Val Ceno con la ormai tradizionale raccolta occhiali per la popolazione del terzo mondo. I giovani del Leo Club con l’annunciata raccolta fondi pro terremotati dell’Emilia, e gli appartenenti al Lions Club Parma Farnese con il concerto per la città, eseguito dal complesso bandistico G. Verdi, diretto dal maestro

Alberto Orlando sotto i portici del gran, hanno voluto assieme presentarsi ai nostri concittadini per soddisfare il motto internazionale del sodalizio . I banchetti dei Leo e del Lions Club Bardi, sistemati in piazza Garibaldi hanno permesso ai Leo di raccogliere fondi da investire nell’allestimento di aule di informatica in 5 diversi istituti scolastici dei comuni Emiliani colpiti dal terremoto. L’ambizioso obiettivo che i giovani Leo si pongono è la raccolta di € 40.000, in totale,nell’anno sociale, per l’acquisto di 78 computer portatili e 5 fissi da utilizzare come server. Il Lions Club Parma Farnese, per l’occasione, oltre che raccogliere fondi per la mensa di Padre Lino, ha coinvolto l’AVIS Ghiaia al quale sarà erogato un contributo di solidarietà ed il quale ha ricambiato con l’offerta di vin brulè a tutti i presenti.


Ilj inisiatìvi  di club Lions  Bardi Val Ceno,  Lions Club Parma Farnese e i giòvvon dal Leo Club,  i gh’én städi  al 22 dzémbor  a Pärma in pjasa Garibäli e sòtta i pòrtogh  dal gran.
Ilj  inisiativi di 2 Lions e dal Leo Club al 22 dzémbor in pjasa Garibäldi j àn vìsst l’intarvént dal Sìnndich Fedrìgh Pisaròtt e dal vicesìnndich Nicoletta Paci ch’ j àn réz pu interesànt l’evént. I sòsi dal Lions Club Bardi Val Ceno con la ormäj tradisjonäla racolta ocjäi par la popolasjón dal tèrs mond. I giòvvon dal Leo Club con la racolta fónd  p’r i teremotè äd l’Emilja, e i sòsi  dal Lions Club Parma Farnese con al concèrt par la citè, eseguì dala banda G. Verdi, diréta dal méstot 
Alberto Orlando sòtta i pòrtogh dal gran, j àn  volsù prezentäros  ai nostor  concitadén par sodisfär  la sortìda (motto) internasjonäla dal sodalìssi . I banchètt  di Leo e dal Lions Club Bardi, sistemè  in pjasa Garibäldi j àn parmìss  ai Leo äd catär su di  fónd da investìr  in-t-l’alestimént  d’ auli d’ informatica in 5 divèrs istitut scolastich  dai cmón Emiljàn colpì dal teremot. L’ambisjóz  objetìv  che i giòvvon  Leo i vólon rivär l’é  la racolta äd € 40.000, in totäl, in-t-l’an’ socjäl, par comprär  78 computer portàtil e 5 fìss da drovär  cme server. Al Lions Club Parma Farnese, par l’ocazjón, óltra che catär su i fónd  par la mensa äd Padre Lino, l’à coinvòlt l’AVIS Giära,  ala cuäla srà dè un contribut  äd solidarietè  e al cuäl l’à ricambjè con l’oferta  äd vin brulè a tutt i prezént.
(Tgnèmmos vìsst)
E.M.
(Nelle foto alcuni momenti delle manifestazioni.)

 

giovedì 27 dicembre 2012

“LA CONGIURA DI FEVDATÄRI” Lettura in dialetto parmigiano di Luigi Frigeri, Enrico Maletti e Peppino Spaggiari. Questa sera alle ore 21,50 su TV Parma.


Nella foto, Luigi Frigeri e Enrico Maletti durante la lettura di
 “LA CONGIURA DI FEVDATÄRI”
 
“LA CONGIURA DI FEVDATÄRI”

di Alfredo Zerbini

4 parti di 20 sonetti ognuna in dialetto parmigiano

Lettura a più voci degli attori dialettali

LUIGI FRIGERI

ENRICO MALETTI

PEPPINO SPAGGIARI

Presentazione di

 ANNA BERTA CECI

Regia di

ENRICO MALETTI


Questo capolavoro in dialetto parmigiano è stato scritto dal poeta Alfredo Zerbini nel 1947. L’argomento è la congiura del 1611-1612 ordita dai feudatari parmensi contro Ranuccio I° Farnese quarto Duca di Parma. La congiura fu capeggiata da Barbara Sanseverino Sanvitale, contessa di Sala e marchesa di Colorno, una delle più belle, colte e vivaci gentildonne del suo tempo, ispiratrice di illustri poeti, fra i quali Torquato Tasso che ne cantò il brio e l’avvenenza in diversi e appassionati sonetti. Scoperta la congiura, il Duca condannò alla pena capitale Barbara Sanseverino e tutti gli altri feudatari compromessi. La sentenza venne eseguita in piazza Grande (ora Garibali), nell’angolo detto del criminale, fra via Repubblica e via Cavour,  sabato 19 maggio 1612 alla presenza di una enorme folla di popolo. Su quell’oscuro e tragico episodio della storia di Parma Farnesiana sembra risultare non si trattasse di una vera e propria congiura. Ranuccio I° Farnese, tenace, inflessibile continuatore della tradizione politica della sua famiglia, mirante soprattutto a debellare i potenti feudatari Parmensi e ad impossessarsi  dei loro immensi beni, ingigantì ad arte la reale consistenza di quel complotto e con quella sentenza di morte riuscì a segnare il crollo della feudale casata nello stato Farnesiano. Con la Congiura di Fevdatäri, più che un’opera storica, rigorosamente documentata, Zerbini riuscì a creare un’opera d’arte e di poesia dialettale Parmigiana. Il “poemetto storico-narrativo”, è diviso in quattro parti di venti sonetti ognuna: I Fevdatäri, La Congiura, Al Procés, La Gran Giustìssia. Francesco Squarcia, scrittore, critico e letterario allora scrisse: “La prima cosa che mi ha colpito è il fatto che il poemetto non soltanto è il primo esempio del genere storico-narrativo; ma segna anche un interessante tentativo di uscire da certe tenerezze dell’idillio piccolo-borghese, che ha si, creato anche delle cose graziose nella nostra poesia dialettale, ma è ormai troppo scontato, è oltre qualcosa di più che l’impeto popolaresco che il gusto narrativo del complesso cioè un tratto che incide più a fondo e che rivela un estro sicuro, una visione e una meditazione che sono ben propri dello Zerbini”. Questa è storia di Parma in puro dialetto parmigiano. Gli interpreti della lettura sono gli attori dialettali Luigi Frigeri, Enrico Maletti, Peppino Spaggiari. I 4 sonetti  sono preceduti  dalla spiegazione in italiano di Anna Beta Ceci. La regia è di Enrico Maletti.


martedì 25 dicembre 2012

Il 26 dicembre, Santo Stefano, TV Parma trasmette il film documentario di Mauro Biondini "MARIA LUIGIA UNA SOVRANA UNA DONNA" alle ore 21.




Nelle foto 1) il DVD "Maria Luigia una Sovrana una Donna" distribuito con la "Gazzetta di Parma" 2) Tutto il cast del film documentario di Mauro Biondini alla serata della presentazione al teatro Regio. 3/4/5/6/7/8, alcuni protagonisti del DVD. 
 

Gli auguri di Natale da "BRICIOLA" di "parmaindialetto"




Un bón Nadäl anca da Briciola di “parmaindialetto”.
Con ‘na béla tondén’na d’anolén.

Tgnèmmos vìsst.
Briciola

TUTTI I PACCHI NATALIZI ARRIVATI AL SINDACO E ASSESSORI, DONATI ALLA MENSA DI PADRE LINO E ALL'EMPORIO ALIMENTARE


 
Bellissimo gesto di solidarietà

 (Testo blu in italiano)
Tutti i pacchi natalizi arrivati in comune per Sindaco o Assessori, (3 prosciutti e mezzo, scatole di dolciumi, confezioni di sughi di pasta e di biscotti,) sono stati donati alla mensa di Padre Lino e all’emporium alimentare (http://www.emporioparma.org// ). Colgo l’occasione per rimgraziare le aziende e le associazioni che con il loro gesto ci hanno permesso di donare a nostra volta a chi ha veramente bisogno. Questi gesti non devono rimanere solo relegati alle festività ma servire da volano per aiutare durante tutto l’arco dell’anno tutte quelle realtà che ogni giorno lavorano per gli atri. Grazie anche a tutti i volontari che cucineranno o distribuiranno questi alimenti.

(Testo giallo dialetto parmigiano)
Belìssim gést äd fradlànsa
Tutt i pach äd nadäl rivè in cmon p’r  al Sinndich o Asesor, (3 parsutt e méz, scatli äd dolcium, confesjón  äd sugh,  pasta e biscòtt,) j én stè regalè ala mensa äd Padre Lino e all’emporium alimentär (http://www.emporioparma.org// ). A vój   rimgrasjär  ilj aziéndi  e ilj asociasjón che con al lor gést j àn parmìss  äd regaläria  a nostra volta a chi gh’à veramént bizòggna. Chi gést chì i n’ gh’ àn mìga  da restär  sol releghè  al festivitè mo  i gh’àn da sarvìr  cme ezémpi  p’r aiutär durant  tutt l’ärch  äd l’an’ tutt ch’il realtè che tutt i dì i  lavoron par ch j ätor. Grasjà  anca a tutt i volontäri chì cuzinaràn  o i distribuiràn  chi alimént chì .
(Tgnèmmos vìsst)
E.M.

lunedì 24 dicembre 2012

Il Vangelo del giorno di Natale 2012. Commento di don Umberto Cocconi.

 
Pubblicato da Don Umberto Cocconi
il giorno lunedi 24 dicembre 2012 alle ore 17,47
 
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (dal vangelo secondo Luca)

A questo mondo ripiegato su se stesso, “sazio e disperato”, che forse non attende più niente e non sa più desiderare un regalo per Natale, è “annunciata una grande gioia”. Noi “giovani da più tempo” quando eravamo bambini provavamo una gioia grande allorchè nella mattina del Natale, sotto l’albero, trovavamo “cose”, che ci riempivano d’immenso ma che oggi deluderebbero un bambino. Perchè? Non era il dono in se stesso, era il bello della mattina di Natale, quando ci si accorgeva che l’incanto era dato dalla presenza di qualcuno, che era arrivato. Se tu vedessi nel cuore della notte un bambino, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, senza neppure una culla, con sua madre lo identificheresti più che altro con qualcuno di indifeso e bisognoso di salvezza, non certo come il salvatore. Eppure i pastori andarono presso quel bambino, non per proteggerlo, ma per adorarlo come il loro Salvatore, come il loro Cristo Signore. Il segno che dice che quel bambino è venuto a salvare e non ad essere salvato, corrisponde a qualche cosa che rimanda alla sua stessa vulnerabilità. Nella sua debolezza, nella sua fragilità, nel suo essere niente, bisognoso di tutto,  c’è in realtà il suo potere di salvare. Non nella forza, non nella gloria, non nella potenza, ma “nello splendore della sua umiltà” si compie la vittoria del bene sul male. Proviamo a leggere questa scena evangelica con le lenti dell’artista Lorenzo Lotto (1480-1566) che da grande pittore qual era ha saputo  scrutare «quel che gli altri non vedono, per dare un volto ai pensieri dell'uomo e una forma alla segretezza delle cose». Pietro Zampetti  ne tratteggia così il profilo: «La sua pittura ci viene incontro da sola, ci turba la serenità, ci pone dei problemi che sono vivi ed attuali.
 
La sua arte è azione interiore, è impegno morale». Possiamo quasi dire di essere davanti ad un “mistico della pittura”. Nel 1523 Vincenzo Lotto dipinge la Natività, una piccola tavola (cm 46 x 36) conservata alla National Gallery of Art di Washington. La Natività è destinata a un'abitazione privata, sembra addirittura pensata  per la devozione di una famiglia. L’evento del Natale si sposta dal luogo di culto, dove ci si reca a pregare, alle stanze di una casa, in cui la giornata vorrebbe essere illuminata dalla memoria dell’amore di Dio. I personaggi sono collocati in primo piano, tanto da porre l’osservatore in una posizione privilegiata. Maria e Giuseppe sono inginocchiati davanti alla culla, con un Gesù sorridente che allarga le braccia. La tradizione pittorica vedeva Giuseppe solitamente in disparte e dormiente, un passo indietro rispetto alla scena principale che vedeva al centro la madre e il figlio. In questo dipinto invece Giuseppe adora Gesù bambino e gli sorride, quasi a voler ricambiare il sorriso del piccolo. Quel bimbo lo sente suo, lo ha accolto e se ne prenderà cura e lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni. Maria ha gli occhi fissi su Gesù, incantati per la meraviglia e osserva il bambinello che le sta parlando con lo sguardo, con il movimento delle labbra, con i piedini che si muovono e con le mani che si protendono in uno slancio di affetto. La culla è un umile cesto.
 
La tradizione artistica, bizantina soprattutto, ha rappresentato la culla come un sepolcro scoperchiato, con evidente richiamo alla sua risurrezione finale. Appoggiate alla culla si trovano un sacchetto annodato e una botticella: il pane e l'acqua, quel poco che basta, per sfamare chi dovrà presto mettersi in viaggio. Forse una allusione alla fuga in Egitto? La sacra rappresentazione è animata da una luce che pone in evidenza una serie di particolari sorprendenti: il crocifisso, appeso alla parete di sinistra, gli angeli, la scala, le tortore, l’asino e il bue, una pialla o una trappola per topi o un semplice pezzo di legno da incastro nell’angolo a destra. Per un verso Lotto ci dipinge, in modo classico, la nascita di Gesù, dall’altro egli inserisce nuovi elementi decorativi carichi di significato, che ne rivelano la sua profondità teologica.  Il crocefisso, appeso alla parete dietro Giuseppe insieme al gesto delle braccia, incrociate sul petto della Vergine, predicono e allo stesso tempo ricordano all’osservatore, il destino finale del bambino appena nato: la morte in croce per la salvezza dell’umanità. Quello delle mani incrociate da Maria sul petto è un gesto che lascia trasparire la sofferenza della madre per la morte del figlio, la sua partecipazione alla passione di Cristo. Sopra la sacra famiglia ci sono tre angioletti che cantano esultanti, tenendo tra le mani un grande spartito musicale; forse sono stati scelti degli  angioletti, piccoli e nudi come Gesù per “umanizzare” l’evento dell’incarnazione e della nascita. C’è poi una scala appoggiata alla capanna, anch’essa riferimento ad un passo della Scrittura. Ricorda, infatti, l’episodio del sogno di Giacobbe: «Una notte, mentre era in viaggio, vede in sogno una scala che univa la terra al cielo.
 
Su di essa salivano e scendevano gli angeli. Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». Sul dipinto compare, come presenza discreta, una coppia di tortore, simbolo di fedeltà. Le tortore stanno appollaiate su di un bastone all’ingresso della capanna: simboleggiano la Chiesa come sposa di Cristo. Il bue e l'asino sono collocati, dal Lotto, in posizione secondaria, dentro la capanna e legati alla greppia, le loro figure, di solito in primo piano qui appaiono piuttosto defilate, quasi nascoste. Infine, che cos’è l’oggetto nell’angolo destro? La domanda ha tormentato a lungo i critici. Per alcuni sarebbe una semplice pialla che ricorda la professione di falegname praticata da Giuseppe, per altri in particolare per Rusk Shapley, si tratterebbe di una trappola per topi (il topo nella simbologia onirica rappresenta il nemico invisibile e indistruttibile) e per altri ancora un semplice pezzo di legno da incastro. «Secondo la tesi di Shapley l’oggetto mette ancor più in evidenza il messaggio della missione salvifica di Cristo. Questo si trova sul lato opposto a quello del crocifisso, ma in diretta corrispondenza con esso, quasi fossero congiunti da un filo invisibile. In mezzo a questi due elementi, sta la figura del bambino Gesù. L’iconografia della trappola è poco diffusa, ma di fonte molto autorevole» (Andrea Coldani). E’ sant’Agostino che, commentando la passione, afferma: «Il diavolo ha esultato quando Cristo è morto, ma per quella stessa morte di Cristo il diavolo è stato vinto, come la trappola prende l’esca. La croce del Signore è la trappola del diavolo; la morte del Signore l’esca con la quale sarà preso». Inoltre Lotto pone la sua firma in modo da farci comprendere il ruolo dell’artista: egli scrive il suo nome su di un pezzo di legno, con un incastro ad angolo retto, frutto dell’arte di Giuseppe il falegname.  L’artista, come Giuseppe nell’umiltà e nel silenzio del proprio lavoro, contempla il mistero di Dio che si rivela, si lascia educare da esso e lo rende visibile. 
(DON UMBERTO COCCONI)