"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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“Parmaindialetto” è nato il 31 luglio del 2004. Quest’anno compie 16 anni

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domenica 29 settembre 2013

Il Vangelo della domenica. "Quella ricerca affannosa della ricchezza". Commento di don Umberto Cocconi





Pubblicato da Don Umberto Cocconi  il giorno domenica 29 settembre 2013 alle 17,55


Gesù disse ai farisei: «C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma". Ma Abramo rispose: "Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi". E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". Ma Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti"» (Vangelo secondo Luca).
 
Ai piedi della tavola imbandita di un uomo ricco, che banchetta e gozzoviglia nell’agiatezza, giace per giorni e giorni un povero. Nella totale indifferenza del ricco, il povero non riesce neppure ad afferrare i bocconi che i commensali buttano dal tavolo: pezzetti di pane gettati da chi sta a tavola. Secondo il costume del tempo di Gesù, infatti, si pulivano le mani con gli avanzi del pane che poi veniva buttato via. Come mai quest’uomo così ricco è così indifferente al dramma vissuto dal disgraziato a pochi passi da lui? Non uno sguardo, non una parola, non un gesto di compassione: perché si comporta in questo modo? A volte, sembra che anche Dio rassomigli a questo uomo ricco che non vede e non sente il grido del povero. «”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza”: sono le parole del mio lamento. Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo», grida il salmista. Ma il giusto, che soffre e vede una simile ingiustizia non corre il rischio di perdere la fede? Davvero Dio non vede e non sente tutto questo? Non lo preoccupa la sorte degli uomini? Ma Dio ascolta il grido del povero? Speriamo non lo ascolti troppo tardi! Non avrà ragione per caso Karl Marx quando afferma: «E’ l’uomo che fa la religione e non è la religione che fa l’uomo. La religione è il sospiro della creatura oppressa, è l'anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigere la felicità reale. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola». Questa “favola”, che come ogni favola inizia con “c’era una volta”, va riletta mettendo al centro della vicenda l’uomo ricco, innanzitutto, non il povero Lazzaro.
 
Gesù vuole farci comprendere questa parabola non secondo la vicenda del povero, come farebbe Marx, ma secondo la prospettiva del ricco. E’ il ricco che deve mettersi in discussione. Questo gaudente non ha un nome proprio, come a significare che non sono le ricchezze che danno un’identità o un’importanza al nome, come abitualmente pensiamo. E’ senza nome il ricco perché l’ascoltatore, o il lettore, deve identificarsi con lui e non con il povero, al contrario chiamato per nome Lazzaro, che significa, paradossalmente, colui che è “assistito da Dio”. Tu che ascolti puoi essere più povero di Lazzaro, ma ci sarà sempre qualcuno più povero di te e dunque il vero rischio è quello di ritrovarsi nella “posizione” del ricco che, affetto da un’avidità insaziabile, pone nell’accumulo, nell’avere, la garanzia delle sue sicurezze di vita. Il suo, però, è un grave errore di valutazione e di prospettiva, perché la strada dell’egoismo e dell’attaccamento ai beni materiali lo porterà alla perdizione. Vivere da ricchi rende ciechi, non fa vedere l’altro, anche se è alla porta di casa, e distoglie dalla conoscenza della Parola di Dio, la sola che può orientare nelle scelte, che può aiutare e a non prendere abbagli. La ricerca affannosa della ricchezza e il suo uso sfacciato e gaudente comportano il rischio di chiusura verso gli altri in quanto eliminano la prospettiva del futuro e rinchiudono nel presente. Il ricco, che sulla terra non ha avuto neanche la sensibilità dei cani, che andavano invece “a leccare le piaghe” del povero Lazzaro, dopo la morte non potrà trovarsi “nel seno di Abramo” ed essere nella pienezza della gioia, perché la felicità è possibile solo grazie alla fraternità e alla condivisione. Dopo la morte, e solo allora, vediamo il “cieco” gozzovigliatore” “guardare in alto” e vedere ciò che prima non era riuscito a vedere: la sua effettiva povertà, la sua piccolezza,
 
il suo cinismo, la sua infelicità. La distanza che inutilmente Lazzaro aveva cercato di accorciare, tentando di accedere alla dimora e alla tavola del ricco, e che questi aveva invece tenacemente mantenuto, si è trasformata in “un grande abisso”. È l’abisso che separa colui che si è chiuso nell’egoismo, da chi, invece, è stato raggiunto dall’amore di Dio. Dio interviene finalmente a compensare l’ingiustizia subita dal povero con la sua giustizia: ma non è forse troppo tardi, almeno dal punto di vista umano? Dio sembra aver perduto sia il ricco, che ora è negli inferi tra i tormenti, sia il povero, che per tutta la vita non ha sentito la presenza di un Dio che lo proteggesse e avesse cura di lui. Come dice appunto Marx, la sua sembra una felicità a caro prezzo, a prezzo della giustizia che non riesce ad affermarsi sulla terra. La domanda che dobbiamo farci, però, onestamente, è questa: il povero ha ingiustamente sofferto a causa dell’indifferenza di Dio o di quella degli uomini? La richiesta, in questo frangente, che il ricco fa a Dio, perché altri non si trovino nella sua stessa condizione, è quella di inviare dall’oltretomba Lazzaro dai suoi cinque fratelli, per metterli in guardia, perché “non finiscano anche loro in quel luogo di tormento". Ma la richiesta viene respinta da Dio Padre con la motivazione che bastano Mosè e i Profeti: è sufficiente ascoltare la parola di Dio per cogliere la verità delle cose. La risposta di Gesù alla richiesta di “segni” da parte dei suoi contemporanei è chiara: chi non crede alla parola della Scrittura, non crederà nemmeno a chi viene dall’aldilà. «Le verità più sublimi non possono essere costrette alla stessa evidenza empirica che, appunto, è propria solo della dimensione materiale» (Joseph Ratzinger). Per restare in tema di fiabe pensiamo al momento in cui mastro Ciliegia sente parlare un pezzo di legno, che poi Geppetto, trasformerà in burattino.
 
Lui stesso dice: “non ci posso credere”. E non gli passa neppure per la mente che quel pezzo di legno possa diventare un giorno un ragazzino per bene. Come direbbe Giacomo Biffi, nel suo “Contro mastro Ciliegia”, «neanche se un pezzo di legno parlasse, i tanti mastri Ciliegia del nostro tempo penserebbero che quel pezzo di legno è forse più di un pezzo di legno». Si chiede sempre un segno, un miracolo per credere, per convertirsi, per cambiare vita. E non ci si accorge che il Signore ci ha dato non uno ma molti, moltissimi segni: «Ma come, non ti accorgi /di quanto il mondo sia meraviglioso?/Meraviglioso: perfino il tuo dolore potrà guarire, poi./Ma guarda intorno a te/che doni ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare!/Tu dici: “non ho niente”/Ti sembra niente il sole/la vita, l'amore?/Meraviglioso il bene di una donna che ama solo te,/meraviglioso!/La luce di un mattino/ l'abbraccio di un amico/il viso di un bambino…/Meraviglioso, meraviglioso!» (Domenico Modugno). Dio parla all’uomo, attraverso la bellezza della vita e con le parole dei profeti e di Mosè, nonché attraverso i profeti di ieri e di oggi. Visioni e apparizioni possono “dare una mano” al credente, ma non sostituire la Parola di Dio, tramandata attraverso la Scrittura, affidata ai testimoni, appello che cerca sempre un orecchio, che ascolti, un cuore che palpiti. Per comunicare con l’uomo, Dio sceglie la via del dialogo: non vuole spaventare il suo partner con visioni macabre o fantasmi, oppure catturarlo con la forza dell’imposizione. La Parola, come ogni parola, chiede sempre fiducia e libertà! Dio si comunica non imponendosi, ma proponendosi; consegnandoci però una parola semplice, nuda e povera che mette in discussione la nostra libertà. Questa Parola è in ultima analisi la carne crocifissa di Gesù, il figlio del carpentiere, morto e risorto per tutti, anche se tante volte qualcuno ha obiettato e obietta tuttora: “non ci posso credere!”. 
(DON UMBERTO COCCONI)

sabato 28 settembre 2013

Presentato nella sede del Club dei 27 il libro “LE 27 OPERE DI GIUSEPPE VERDI”, scritto da Alberto Michelotti (Don Carlo) e Stefano Bianchi (Aida)


(Foto di Cristina Cabassa)
(Clicca sulle foto per ingrandirle)
 



(Testo blu in italiano)
Nella suggestiva sede di Borgo del Naviglio del Clu dei 27, è stato presentato il libro “LE 27 OPERE DI GIUSEPPE VERDI, scritto da Alberto Michelotti (Don Carlo) e Stefano Bianchi (Aida). Nell’anno del  bicentenario della nascita del Maestro Giuseppe Verdi è stato pubblicato un libricino di circa trenta pagine dove vengono spiegate le opere del Maestro di Busseto raccontate da Michelotti e Bianchi, rispettivamente (Don Carlo) e (Aida).
 Si… perché ogni socio del Club dei 27 porta il nome di un’opera di Verdi. Il libro, dopo un elenco dei soci, racchiude una biografia cronologica essenziale di Giuseppe Verdi e ogni pagina la trama dell’ opera accompagnata da una foto, ideale da sfogliare per i giovani e per chi si vuole avvicinare al mondo della lirica e del grande Maestro Verdi. Alla fine è pubblicata la storia del Club dei 27, dalla nascita nel 1958 con sede alla Grotta Mafalda un bar paninoteca nel centro di Parma, alla nuova sede nella suggestiva grotta di Borgo del Naviglio dove i 27 si sono trasferita da qualche anno.   

 
(Testo giallo dialetto parmigiano)
Prezentè in-t-la sede dal Club dei 27 al lìbbor “LE 27 OPERE DI GIUSEPPE VERDI”, scritt da Bèrto Miclèt (Don Carlo) e Stefano Bianchi (Aida)

In-t-la  sugestìva sede äd Bórogh dal Navìlli dal Clu di 27, è stè prezentè al lìbbor “LE 27 OPERE DI GIUSEPPE VERDI, scritt da Bèrto Miclòt (Don Carlo) e Stefano Bianchi (Aida). In-t-l’an’  dal  bicentenäri ädla nasita dal Méstor Pepìno Verdi è stè publichè un librètt äd cuäzi  trénta pagini indò  vén spieghè ilj òpri dal Méstor äd Busèjj spigädi da Michlòt e Bianchi, rispettivamént (Don Carlo) e (Aida).
Si… parché ogni socio dal Club di 27 al porta al nòm  äd n’òpra äd Verdi. Al lìbbor, dòpa n’ elénch di sòsi, al conténa ‘na biografia cronologica esensjäla äd Pepino Verdi e ogni pagina la trama äd l’ òpra compagnäda da ‘na foto, ideäl da sfojär p’r i giòvvon e par còjj ch’ a s’ vól  azvinär al mond ädla lirica e dal grand Méstor Verdi. Ala fén gh’é publichè la stòrja dal Club di 27, dala nasita in-t-al 1958 con la sede ala Grotta Mafalda in-t-un bar paninoteca in-t-al céntor äd Pärma, ala nóva sede in-t-la sugestìva grotta äd Bórogh dal Navìlli indò  i 27 i s’én trasferì da socuànt ani.
Tgnèmmos vìsst

En.Ma.   
Nelle foto: 1) Stefano Bianchi (Aida) e Alberto Michelotti (Don Carlo). 2) Alcuni componenti del Club dei 27. 3) La copertina del libro presentato nella sede dei 27. 4) Stefano Bianchi, il Presidente del Club dei 27 Enzo Petrolini (Un giorno di Regno) e Alberto Michelotti.
 

 

venerdì 27 settembre 2013

UN MESE DI MUSICA. Il "CORRIERE DELLA SERA" di oggi 27 settembre pubblica due pagine sugli eventi del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi.

 
Parma un altro Verdi
 
Al Teatro Regio le opere meno popolari per riavviare il festival
(Clicca sulle foto per ingrandirle.)
 

 

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn". Pärma-Atalanta 4-3 Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 27 settembre 2013


Pärma Atalanta 4-3

Mirànt sìncov : parädi zéro, gol ciapè trì, e sul second gol indò sérot ‘drè andär al bar dato ch’ a t’ s’ér al lìmmit äd l’area ? Sérca äd catär un po’ äd trancuilitè parchè a vèddrot a  pär ch’ a té gh’ n’è poca bombén adésa
 
Benalouane séz : Mastro Lindo un po’ ruznì dato ch’al zuga pòch, e cme difati sul primm gol l’é rivè ch’a gh’éra béle al balón a centorcàmp; ancòrra in rodàg’
 
Lucaréli sètt : capitàn coràg’, a trentaséz an’ vón di poch a ’n fär mìga al turnover, e al novantézim catär la fòrsa äd fär sént mèttor in contropè par tgnìr su la bala ! Capitàn ezemplär fin adésa
 
Mendès sètt : sénsa paura, un bél lotadór, ‘na cuälca ingenuitè e al stés barbér äd Mirant e Paladén, óssia un maringón
 
Mesbah òt : gran partida e gol meraviljóz, ala Giovinco, e dato ch’al gh’é somìlja bombén, n’é mìga ch’al sia  so fradél un po’ pù carsù ? Però a gh’ vól dìtt äd zbasär un po’ il bräghi parchè al pär Fantozzi a ch’la manéra lì
 
Rosi sètt : gran partìda e gol strepitóz e a momenti a t’ spach do còsti a Pédor cuand a t’ si andè a brasärol su; parsonalmént al me preferì insìmma ala fàsa déstra, a bón intenditor pochi paroli
 
Gargano séz : al vót al sarìss stè altìssim sa ’n t’avìss mìga fat ch’ la cojonäda ( ala ciamèmma col so nòm ah ) ch’ a s’é costè al second gol ! Al sombrero al vól lasè ai mesicàn, tì dróva al bindél
 
Paról déz : dopiètta strepitóza, dozént chilòmetri e un cór grand acsì ! Anca a tì la pizza äd Sasà a Säla a s’ vèdda ch’ la t’à fat bén, se i rizultät j’én còssti chi, tornì su tutt il stmàni a magnärla ch’ a pägh mi
 
Marchionni séz : Marchino in-t-al finäl t’é tirè fóra tùtta l’esperiénsa ch’ a t’é mucè in carjéra par guadagnär un po’ äd second che in chi momént lì j’éron presjóz cme diamant e socuànt zugädi al Lexotan p’r indormintär la partìda ! Bravo !
 
Casàn sètt : acsì a s’ reagìssa a ‘na ( giustìssima ) sostitusjón ; con ‘na partìda strepitóza, colp äd pnél, pasag’ genjäl e ‘na gran vója äd fär sgnär i tò compagn prìmma ancòrra che ti ! E ch’a sia l’inìssi äd ‘na sèria äd prestasjón ala tò altèssa
 
Amauri zéro : sóra al cónt ch’ a ’n t’é ancòrra combinè njént äd bòn da l’inìssi dal campjonät, té t’ si fat casär  fóra pròprja da nàdor e t’é rissgè äd fär parzär ‘na partìda béle vénsa, t’ é fat tribulär la scuädra e al cór äd tutt i tifóz
 
Sansón séz : anca sa t’è zbaljè un gol putòst s’ciasóz, soltant con la prezénsa a t’ dè vivacitè a tutt l’atàch ! E adésa che Amauri al sarà scualifichè, a spér pròprja ch’ a pòsa tocär a ti e ch’ a t’ pos fär cme l’an pasè, cioè la difarénsa
 
Donadón séz :  turnover fat con inteligénsa e i cambi j’én stè imbrochè; al second témp la scuädra l’é tornäda in camp un po’ trop rilasäda a tutt il manéri a ’n n’andèmma mìga trop p’r al sutìl ciapèmma su i tri pónt e magàra a Firéns sarcämma äd där continuitè ala clasifica !
 
Nicolò : a ’n n’ò ancòrra capì che ràsa äd Paradìz a gh’ sarà lasù se chi zò a s’ in va di ragas äd cuatòrdz’ an’, mo äd sicur in-t-al tò a gh’ sarà ‘na Curva Nord indò a t’ guardarè al tò Pärma tutt il volti ch’ al zuga ! Ciao Nico !

Curva Nord òt : e adrè tutt al stadio, cuand è stè al momént äd ciapär la scuädra par man e portär a ca’ i tri pónt a s’é sintù un tifo ch’ l’éra un bel po’ ch’al né s’ sintäva miga !!

Curva Nord

AVANTI CROCIATI
(Tgnèmmos vìsst)
(Testo di Crociato 63)
(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)
 
 

giovedì 26 settembre 2013

Dalla Compagnia "I Burattini dei Ferrari" riceviamo e pubblichiamo.

 
 
 
(FOTO DI ENRICO MALETTI)
La Compagnia I Burattini deiFerrari
è lieta di invitarVi 
al Museo Giordano Ferrari - il castello dei burattini
via Melloni, 3 - Parma
www.castellodeiburattini.it 
Domenica 29 settembre 2013 ore 16.30

" LA FAVOLA DELLE TESTE DI LEGNO”
Storia dell'animazione dalle origini ad oggi in forma teatrale
durata 50 minuti
Vi attendiamo
Daniela & Giordano Ferrari
 

mercoledì 25 settembre 2013

PUBBLICAZIONE n° 14 : "PROVERBI METEOROLOGIA AGRICOLTURA" IN DIALETTO E ITALIANO: Parmaindialetto pubblica giornalmente 3 proverbi in dialetto e in italiano.



Pubblicazione n° 14:

Meterreologìa e lavor di camp
Meteorologia e agricoltura
 
 
Santa Agnéza: l’arzintéla par la séza
 Santa Agnese: (21 gennaio) la lucertola per la siepe.
Par la Serióla, o ch’à néva o ch’a pióva o ch’a nàsa la vióla.
Per la Candelora, (2 febbraio) o nevica o piove o nasce la viola.
Cuand a pióva ala Serióla, da l’invär’n a sèmma fóra.
Quando piove per la Candelora, da l’inverno siamo fuori.
 
 Tgnèmmos vìsst


martedì 24 settembre 2013

L’ ASSOCIAZIONE ARMA AERONAUTICA SEZIONE DI PARMA viaggio in FRANCIA dal 16 al 21 settembre con l'adesione dell ASSOARMA diretta dal Col. Donato Carlucci. VI° GIORNATA. Visita a Tours, Bourges e rientro a Parma.

 VI° giornata
Visita a Tours, Bourges
e rientro a Parma
 
 (Foto di Marisa D'Annibale)
Tours Municipio
Tours Palazzo di Giustizia
Il piccolissimo albero di mele
Cattedrale illuminata dal sole
Facciata anteriore
La Cattedrale di Bourges patrimonio dell'Umanità
La stazione di Tours
Il Ghiacciaio perenne e le sue guglie
Verso casa - Il gruppo del Monte Bianco
 
 
FINE VIAGGIO
 
Tgnèmmos vìsst

Le "Bici Fantasma" sul ponte del Po a Ragazzola e in piazza Garibaldi a Parma a ricordo delle vittime della strada in bicicletta.

(Clicca sulle foto per ingrandirle)
(Foto di Cristina Cabassa)
 
La "Bici Fantasma" sul ponte del Po a Ragazzola fra Parma e Cremona

La "Bici Fantasma" in piazza Garibaldi a Parma

 
Le bici "FANTASMA". La prima sul ponte di Ragazzola che divide la provincia di Parma da quella di Cremona, la seconda legata ad un lampione in piazza Garibaldi ad opera dell’ l'Associazione Bicinsieme Fiab, a ricordo delle vittime della strada in bicicletta.

 
Il biciclètti "FANTASMA". La prìmma sul pont äd Ragasóla ch’ al divìdda il provinci äd Pórma da còlla äd Cremón’na, la seconda lìgäda a ‘n lampjón in pjasa Garibäldi ad òpra äd l'Associasjón Bicinsieme Fiab, a ricord di mort ädla sträda in biciclètta.
Tgnèmmos vìsst
En. Ma.

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn". Catania-Pärma 0-0 Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 24 settembre 2013.


 
Testo in dialetto parmigiano
Catania Pärma 0-0
Mirànt sénsa vót : gnan ‘na paräda ! Béle ch’ la còza chi la s’ fa capir con che scuädra a sèmma stè bón äd parzär ! ‘Na scuädra äd mort
 
Casàni séz : un po’ méj che j’ultmi partìdi, atént bombén dardè, pòca spinta davanti, sät chi t’ ém pär con ch’ la bärba lì ? Gasbarón, e n’é mìga ch’ al sia col gran complimént però té gh’ somìlj dabón
 
Lucaréli ot : al pù bón dal Pärma sénsa discusjón, gran partìda, vót dir che al post äd la clasjón con Pavlén e Jimmy al Barino adés a t’ gh’é da gnir a Säla tutt ì marcordì a magnär la pizza con mì al Maria Luvìggia da Sasà ?
 
Felipe sètt : béla partìda sicur concentrè e precìz atàca a Lucaréli, e anca la ghìggna da bräv ragas, mo i probléma jerdlà i n’ n’én mìga rivè dardè
 
Gobbi séz : onésta partìda cme al solit, Massimo a t’ si ancòrra in rodàg’, mo  pjan pjanén al motór al tàca  a scaldär e po’ d’ora inàns at’ tratarò ancòrra méj parchè l’ùlltma partìda ch’ a t’ò dè un brùtt vót a m’à ciamè al Dotór Orlandén e al m’à fat un cichètt ch’ a t’al digh mi parchè al dìz che ti a t’ si un gran zugadór ( e mi son d’acordi con lù )
 
Aquah séz : séns’ ätor méj che Calimero, almeno j èmma zontè chilo, corsa e mùsscol in méza al camp, second mi picjär contra chilù l’é cme piciär cont’r al mur, che lavor
 
Biabiany sìncov : boh val a capir, dil volti al pär ch’ l’ al fàga aposta, o al sé scorda ch’ al fnìssa al camp, o al sé scorda la bala, o al s’ va a infilär in méza a sìnch avarsäri, o al cròsa indrè cuand j’én tutt  davanti, mi sinceramént a j’ ò cuäzi fni il batùdi con còll ragas chi; second mi a gh’é n’alenadór e basta ch’a gh’ n’ in podrìss cavär fóra cuél äd bón, mo da cuatr’ an’ l’é a Udine
 
Paról séz : adésa ch’al n’é mìga pù oblighè a còrror par trì, al s’à un po’ da ambjentär, l’é un pèss fóra da l’acua e al fa pù fadìga, però l’é sémpor ‘na garansia äd cuantitè
 
Marchionni sètt : la còza ch’ la m’é piazüda äd pù l’é städa la rincorsa al novantézim fin ala banderén’na dal corner in diféza, mo anca cme luciditè Marchino a sèmma andè molt molt méj
 
Casàn cuàtor : có gh’é fantantonio ? Contra chi cadàvor lì a gh’éra da infilär socuànt bali cme al cortél in-t-al butér, invéci zéro, sostitusjón inevitabile ! Dai ah, che da ti a sé spetèmma bén ätri zugädi
 
Palladén sìncov : ala fén gnanca un tir in porta e socuànt zugädi fati con suficénsa, insòmma anca lù a gh’ l’à caväda a fär fär un figurón a Spolli e LeGrottaglie, mìga Ferdinand e Piquè… e j’ò dìtt tutt
 
Amauri cuàtor : la grénta la ’n basta pù, l’é véra ch’ a t’é fat l’ùnnich tir in porta ädla partìda l’é anca véra ch’ l’é al prìmm tir in cuàtor partìdi ! Trop, trop poch p’r al centravanti titolär
 
Sansón déz : second mi am’ són béle fat capir !
 
Donadón cuàtor : no Mìsster, con tri atacant e n’äla che in novantaséz minud i  n’ àn mìga fat par vón, tgnìr in panchén’na Sansón l’é ‘na pistäda gròsa cme ‘na ca’, o gh’é sòtta cuél o l’é ‘na roba insensäda, sarìss un bél lavór spiegärol anca a tutt i tifóz, parchè ormäj la pasénsja  l’é in riserva
 AVANTI CROCIATI
(Tgnèmmos vìsst)
(Testo di Crociato 63)
(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)