"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 22 settembre 2013

Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi.





Pubblicato da Don Umberto Cocconi  il giorno domenica 22 settembre 2013 alle 15,36

Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare". L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua". Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta". Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
 
Ancora una volta questo Gesù non cessa di sorprenderci. Per imparare la difficile arte dell’essere cristiani ci indica come “modello di santità” un uomo astuto, scaltro e che soprattutto non brilla per onestà. Quella che ci viene raccontata è una parabola imbarazzante e per certi aspetti scandalosa, visti i tempi che corrono! Un uomo ricco viene a sapere di certe irregolarità contabili del suo “amministratore delegato”. Preoccupato, lo manda a chiamare per chiarire, per accertare i fatti, che sono di una certa gravità. L'interessato, davanti al suo datore di lavoro, non pensa neppure a discolparsi, evidentemente gli stessi libri contabili gli danno torto, documentano i suoi furti, per cui il licenziamento che certo. Questo amministratore incomincia a preoccuparsi per il suo futuro e si chiede come potrà “riciclarsi”, visto che ha perso il posto: come se la caverà? Zappare, non ne è capace, è troppo faticoso; chiedere l’elemosina, si vergogna: che fare allora? Ha un’idea geniale: visto che non saprebbe fare altri mestieri, si farà degli amici, si procurerà in qualche modo dei “contatti” per cui non potranno di certo dimenticare la sua generosità.
 
E lo vediamo subito in azione. Dato che il ricco signore non gli ha ancora tolto la delega come amministratore, convoca i debitori del padrone, probabilmente mercantigrossisti e riduce notevolmente l'ammontare del loro debito, con un abbuono di molti soldi, sì da dimezzare il loro debito. In sostanza, sta truffando per ben due volte il suo padrone! A una serie di irregolarità rimedia con altre irregolarità. Ma quando il padrone viene a sapere questo ulteriore inganno, che cosa fa? Sorpresa e sconcerto: loda  «quell'amministratore disonesto, perché ha agito con scaltrezza», e nell’emergenza, invece di perdersi d’animo, ha saputo trovare la soluzione più ingegnosa. Certo, qualcuno ha definito questa parabola come la più “raccapricciante” tra tutte, quella che, a raccontarla, può metterci in serio imbarazzo. Ma se abbiamo colto il punto centrale della storia, è evidente che ciò, per cui viene lodato il furfante, non è la sua disonestà, ma la scaltrezza di cui da abbondante prova. Con questo il Signore ci vuole dire che ama «le persone che si danno da fare, che non si dimenticano di possedere un cervello, che ricorrono alle risorse della fantasia» (Alessandro Pronzato).
 
Ma non è  soltanto questo. L'amministratore infedele, infatti, trova il varco che gli permette di uscire dalla sua situazione drammatica, attraverso un’intuizione decisiva, rappresentata dalla scoperta degli altri. Prima non si era accorto della loro esistenza, aveva pensato infatti  solo ai propri interessi, ma ora scopre i “vantaggi” dell’essere generoso con gli altri. Non userà i beni del suo padrone per arricchire se stesso – avrebbe potuto rubare tutto, diventare ricchissimo, fuggire in qualche paradiso fiscale, depositare i suoi conti alle Cajman -  ma paradossalmente, non imbroglia più per sé, anzi compie gesti di generosità che vanno a vantaggio degli altri. Lui pensa: “Se sarò buono, può darsi che quando sarò nel bisogno qualcuno si ricorderà di me, del bene che gli ho fatto”. Rischia, ma scopre che la sua salvezza passa attraverso questa apertura agli altri. Solo loro potranno salvarlo!  E i nostri registri, sono in regola? I conti tornano? Se siamo sinceri, vediamo che nessuno ha i “registri” a posto. Non è tanto la guardia di finanza che dobbiamo temere (chissà, prima o poi ci darà  un’occhiata, e magari ce la caveremo pagando una multa), ma quando sarà Dio a dare un’occhiata ai nostri “libri contabili”,  saremo a dir poco a disagio e scossi dalla tremarella perché sicuramente i nostri conti con Dio non tornano.
 
Ebbene, la parabola e qui sta il colpo di genio di Gesù, ci insegna a compiere delle sane… irregolarità. Dio ama le “irregolarità” che vanno a vantaggio del prossimo. Sembra dirci Gesù, prima di tutto,  che è importante farsi degli amici con le risorse che si possediamo, che accumuliamo e che gestiamo ogni giorno. Tutto ciò che abbiamo, compreso il nostro tempo, può essere considerato una ricchezza disonesta, in quanto noi pensiamo che tutto sia nostro; in realtà niente ci appartiene, perché tutto ci è dato dalle mani dell’Autore della vita e sia amministrato in condivisione con gli altri. “Fatti furbo,  - sembra dirci Gesù - se hai, è per donare, non per accumulare, sii intelligente, sii scaltro, diventa generoso verso tutti e non te ne pentirai!”.  Nel rito del matrimonio, la benedizione finale che il prete rivolge agli sposi dice così: “Siate nel mondo testimoni dell’amore di Dio, perché i poveri e i sofferenti, che avranno sperimentato la vostra carità, vi accolgano grati  un giorno nella casa del Padre”.  Sono i poveri che ci accoglieranno nelle dimore eterne, saranno loro i testimoni che parleranno bene di noi davanti a Dio. Le nostre mani ridiventano “pulite”, quando le spalanchiamo nel gesto del dono, quando “dissipiamo” le nostre “sostanze” per regalare gioia, luce, speranza. Col prossimo, l’unica misura consentita, sembra dirci Gesù, è la dismisura, l'eccesso. Se incominci ad essere un “cattivo amministratore” delle tue ricchezze, ti puoi salvare, soltanto quando non pensi più ad accumulare, ma a donare.
(DON UMBERTO COCCONI)
 
 
 
 
 
 
 
 

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