"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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martedì 29 aprile 2014

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn", Cagliari Pärma 1-0. Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 29 aprile 2014

 

(Testo in dialetto parmigiano)

Cagliari Pärma 1-0

Mirànt sénsa vót : partìda strana, cuäzi dizocupè, al rigor ciapè ‘na paräda si e no, però zéro pónt portè a ca’ e adésa tutt a dvénta in salida, e che salida, a sèmma sòtta al Mortirolo a m’é d’avis

Casàn sìncov : a ’n so có dir, a pär ch’ a gh’ sia in gir al virus di Mondjäl, i zugadór che p’r un motiv o par ch’ l’ätor i tacävon a sintìr l’odór  äd Nasjonäla j’én andè tutt in-t-la sòvva

Lucaréli sìncov : insuficént parchè par fär còll méz fal lì a ’n t’é mìga calcolè do còzi : che l’arbitro l’éra col furbación äd Gervasoni, e che a ch’ l’ätor fenomeno äd Dessena tant ch’ a té gh’ s’ér  la ghéga in-t-al ghignón té  gh’  l’äv da där déz volti pù fòrta, magàra st’ an’ ch’ vén 

Felipe zéro : mìga tutt i “parametro zero” i vénon cól buz : chilù p’r ezémpi dal buz a ’n gh’é gnànca l’ombra ! invéci che fär dil gran intervìssti l’é méj dimosträr d’ ésor titolär in camp e evitär chi colp d’arterio lì

Gobbi sìncov : ruznì bombén, e a l’inìssi dal second témp un gol magnè ancòrra vùnndoz contra vùnndoz ch’ l’arìss cambiè la partìda; insòmma Massimo al trop arpozärs a né gh’ fa miga bén briza

Gargàn cuàtor : Topo Gigio l’é andè in-t-la sòvva, indò sarviva geometria al gh’ à miss confuzjón, indò sarvìva cälma al gh’ à miss agitasjón, insòmma l’à fat al conträri äd còll ch’ a gh’ vräva

Paról sìncov : n’ätor cól virus Braziljàn, gran vlontè, còlla li la ’n manca mäj, però luciditè, gamba e precizjón i s’én fermädi ala partìda col Napoli ! dai l’ òmmo, fa l’ultom sfòrs dai

Acquah sètt : séns’ ätor al pù pozitìv ädla scuädra e l’atacant pù pericolóz, e ch’ la còza chi a pensär ala partida con l’Inter la m’ fa ancòrra pù zgagnär i did

Biabiany séz : ält e bas, socuànt acelerädi da Bolt e un pär äd cross discrét, un po’ pòch par drisär la baraca

Casàn cuàtor : oh Fantantonio, adésa ch’ a t’ vèdd al strisión äd l’arìv là in fònda có fät cme Bitossi al mondjäl ? dai ànim ch’ a gh’é ancòrra speransa, p’r al Pärma e par ti, mo tutt dipenda da ti, l’é inùttil ch’ a gh’ girämma intórna

Palladén cuàtor : raitre al lundì sira….. Chi l’à Visto, a né s’ sa mäj chi s’ pólon där ‘na man còj ädla Rai, parchè veramént a né s’ sa gnànca s’ l’é in camp o meno

Donadón cuàtor : Mìsster, la scuädra l’é a téra cme ‘na gòmma bùza, cuàtor pónt in sètt partidi in Avril, ormäj a s’ sèmma magnè tutt al vantàg’, adésa a gh’ vrìss un miràcol; dato che par cuàtor méz j’èmma dimostrè che i miràcol sa vrèmma a sèmma anca bón äd färja, parchè mìga provär ? sarìss un p’chè molär adésa dai eh ! forsa Mìsster, ch’ al dróva anca la trieotanta s’ la podìss sarvìr
AVANTI CROCIATI

(Tgnèmmos vìsst)

(Testo di Crociato 63)

(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)

 

 

sabato 26 aprile 2014

IL Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi.

 

Pubblicato da Don Umberto Cocconi  sabato 26 aprile 2014   alle ore  20,48
 
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» (vangelo secondo Giovanni).
 
Nomen omen: il nome è rivelatore, annuncia un destino, una vocazione. E’ un motto che si addice perfettamente a Tommaso, detto Didimo, ossia “il doppio, il gemello”. Come sempre, la sottolineatura dell’evangelista non è casuale, anzi è la chiave d’accesso all’identità più profonda di Tommaso. Le prese di posizione di Tommaso, nel vangelo di Giovanni, sono molto significative e anche dense di ambiguità. La prima volta che ci imbattiamo in lui siamo in un momento particolarmente delicato, Gesù sta parlando della morte di Lazzaro e della decisione di tornare in Giudea, a Betania, per “risvegliare” l’amico “addormentato”. Mentre gli altri discepoli sono titubanti - la Giudea è il contesto più rischioso, per il maestro e la sua comunità - e per questo preferirebbero che Gesù rinunciasse a un tale proposito, è proprio Tommaso, invece, che rivolgendosi ai condiscepoli li sprona con le parole: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Tommaso, perciò, si presenta come una personalità decisa, là dove gli altri sono più timorosi e incerti. Durante i racconti dell’ultima cena, però, le cose cambiano. Gesù ha lavato i piedi ai discepoli,  ed è proprio in questo contesto che il maestro annuncia la propria dipartita, andrà a preparare per loro un posto nel suo Regno: «E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». E’  quindi Tommaso allora a dirgli: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Questa “professione di ignoranza” provoca una forte risposta di Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita». Se Tommaso non sa dove Gesù è diretto, significa che non ha capito nulla di ciò che egli ha già proclamato con chiarezza: viene dal Padre, e torna a Lui, lungo il sentiero dell’amore totale. Nel quarto vangelo, sapere da dove uno viene o dove uno vada significa conoscerne l’identità. Tommaso, così vigoroso nel parlare e forse anche più entusiasta nella sequela di Gesù, non ha ancora capito niente di ciò che davvero conta! In questo,
 
Tommaso ci è sicuramente “gemello”. Sappiamo anche noi, per esperienza, che non basta ascoltare le cose per averle davvero capite, afferrate, fatte proprie. Quante volte abbiamo ascoltato le parole di Gesù senza che esse siano penetrate davvero in noi, e le abbiamo lasciate alla superficie della nostra vita! Nonostante i nostri ripetuti “sì”, siamo rimasti con le nostre idee, con la nostra mentalità, con i nostri modi di pensare e di agire, senza che l’annuncio ci abbia convertiti in profondità. E’ questa “doppiezza” che vediamo in Tommaso, gemello e sosia di tutti noi. La parola “doppio”, inoltre, nella nostra lingua, è legata al termine “dubbio”. Gli esseri umani sono sempre “al bivio”, sempre chiamati al rischio e alla necessità della scelta tra due vie. Il dubbio è dunque l’occasione della scelta. L’ultimo episodio nel quale incontriamo Tommaso e la sua“duplicità” è proprio al termine del quarto vangelo, dove veniamo a conoscere un Tommaso che resiste alla fede, un ostinato “non credente”che poi, nel giro di pochi versetti, diventa un “super credente”, autore della più alta e azzardata professione di fede tramandata dai vangeli. Nel «primo giorno dopo il sabato», il Signore risorto viene e si fa presente nel cenacolo tra i suoi discepoli; Tommaso, però, non è con loro. Successivamente, con tagliente amarezza, deciso come sempre, Tommaso dichiara a chi gli annuncia che Gesù è vivo: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Dov’era mai Tommaso, il giorno della risurrezione? Lui, che aveva esortato i compagni ad andare con il maestro, a morire con lui, nel momento critico era scappato come tutti gli altri. Anzi, di più, aveva preso le distanze da tutto e da tutti. Lui così pronto ed entusiasta, è forse rimasto più scosso e deluso degli altri per la piega presa dagli avvenimenti? Tommaso vuole concretezza, vuole una verifica personale e non si accontenta della testimonianza di chi è stato ancora più fragile e incerto di lui: deve vedere, deve toccare per poter credere. Tommaso, il “Gemello”, chiede un’esperienza forte e diretta, nella situazione che più di ogni altra può generare in lui il dubbio: la chiede a quel Gesù che ama ancora intensamente e la reclama con la forza di sempre, davanti a tutti. Ed ecco che, otto giorni dopo, Gesù si manifesta ancora una volta «a porte chiuse» nel cenacolo, in mezzo ai discepoli.
 
 Li saluta con il suo intenso: «Pace a voi» e si rivolge subito a Tommaso, che questa volta è là con gli altri, ma diviso in cuor suo, come sempre, tra timore della delusione e speranza: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Davanti a questo Gesù così presente, venuto proprio per lui, la reazione di Tommaso è istantanea, ed è una reazione di fede, di fede grandiosa: «Mio Signore e mio Dio!», anzi, meglio, “Signore di me e Dio di me”, Signore e Dio della mia vita, di tutto ciò che sono! Questa di Tommaso, uomo del dubbio, è l’ultima e la più solenne professione di fede che incontriamo nel vangelo secondo Giovanni, la formulazione più matura e insieme più “personale” della fede nel Risorto. E’ l’unica volta, nel vangelo, in cui Gesù è chiamato esplicitamente “Dio”, ed è anzi splendidamente invocato con un possessivo di relazione, come nei salmi: «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia…». Tommaso, nostro gemello, Tommaso del dubbio, che Gesù ha esortato a uscire dalla fragile condizione di “á-pistos”, del “mancante di fede”, per accedere alla condizione forte, lucida e appassionata del “pistós”, di colui che è saldamente radicato nell’affidamento. Beati noi, ci dice Gesù, se sapremo sentirlo e riconoscerlo nella nostra vita, attraverso la fiducia nell’ininterrotta esperienza dei testimoni! «Gesù in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro» conclude l’evangelista, «ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate vita nel suo nome». La fede della prima comunità cristiana ci consegna dei “segni scritti”, come il corpo di Gesù è “scritto” dalla sua vita, passione e morte: mistero di una scrittura mai cancellata, ma anzi preservata, in tutta la sua profondità di senso, nell’identità gloriosa del Risorto. Segni scritti, e non solo nelle Scritture, ma anche nella carne e nel vissuto della comunità cristiana, e in-scritti con particolare intensità nell’Eucaristia, il segno che più di ogni altro vuole rendere sensibile e credibile la presenza del Risorto in mezzo a noi, e consentirci di introdurre non solo il dito, ma la nostra intera esistenza nello spazio aperto del suo costato trafitto. 
(DON UMBERTO COCCONI)


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

PUBBLICAZIONE N° 40: "PROVERBI SUI MESTIERI E LE PROFESSIONI" IN DIALETTO E ITALIANO: Parmaindialetto pubblica 3 proverbi in dialetto e in italiano


 

Pubblicazione N° 40
Provèrbi sui mestér e il profesjón.
Proverbi sui mestieri e le professioni.

“Rècipe”  (Ricéta) äd spesjär  e “eccetera”  ‘d nodär,  j én do còzi da guardär.

Ricetta di farmacista e “eccetera” di notaio, sono due cose da guardare.

Prét e frè, zbirr e soldè, gat e can, pàroch e caplàn, cuator cozi ch’i n’ s’ afan.
Preti e frati, sbirri e soldati, parroci e cappellani, quattro cose che non si combinano.
 L’äzon l’é fat par portär.
L’azino è fatto per portare. Cioè: c’è chi è in grado di fare solo lavori grossolani.

 Tgnèmmos vìsst

 

venerdì 25 aprile 2014

IERI SERA TANTI "PRAMZAN" CON "IO PARLO PARMIGIANO" ALLA BIRRERIA "TAVERNA ESPUMOSA". OSPITE IL "GRANDE SANDRO PIOVANI"...PRESENTATO IL TERZO NUMERO DEL MENSILE "LA CICIARÓN’NA".


(FOTO DI CRISTINA CABASSA)
(CLICCA SULLE FOTO PER INGRANDIRLE)
 

LA COPERTINA DEL N°3 DI " LA CICIARÓN’NA"

LA COPERTINA DEL N°3 DI " LA CICIARÓN’NA"
IL GRUPPO DI IO PARLO PARMIGIANO
CON SANDRO PIOVANI E ENRICO MALETTI
RICO E BAROZ ALL'INIZIO DELLA SERATA
AL "PROFESOR MALETT" CON RICO E BAROZ
UNA PARTE DEL PUBBLICO
RICO E BAROZ PRESENTANO LA "LA CICIARÓN’NA"
RICO INTERVISTA SANDRO PIOVANI
SANDRO PIOVANI
SANDRO PIOVANI
RICO
LUCA CONTI AL "PROFESOR" MALETT E BAROZ
LA PREMIAZIONE DEL "NADOR D'OR"
LA PREMIAZIONE DE QUIZ DIALETTALE
SANDRO PIOVANI E ENRICO MALETTI
MENTRE CANTANO LA CANZONE FINALE
IL PUBBLICO
 
 
Tgnèmmos vìsst

martedì 22 aprile 2014

"Il Pagéli di Crozè in djalètt Pramzàn", Pärma Inter 0-2. Testo pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 22 aprile 2014


(Testo in dialetto Parmigiano)
Parma Inter 0-2
Mirànt séz : un pär äd parädi sicuri col balón ch’ al blizgäva cme sa fuss manganón con l’acua ch’ a gnäva, e su i dù gol tradì da diféza e centorcàmp ( sul prìmm anca da Donadón ch’ al n’ à mìga fat al cambi sùbbit )

Casàn séz : purtròp dala tò pärta a gh’éra vón ch’al t’ à fat tribulär un bél po’ ? chi ? Biabiany !!! invéci che färot di bùz e portärot via j’avarsäri i bùz al t’ j’à stopè tùtta la partìda col rizultät che specialmént lù l’à in pratica zughè par lór

 Lucaréli déz : UN CAPITAN ! tutt majusscol ! da färogh ‘na ciavètta ( na vòlta a se dzäva na casètta o un CD ) e fär vèddor ai ragas dil scóli calcio par fär capir co vól dir esor al CAPITAN e a ‘n  vrér mäj molär ! un ezémpi par tutt !

Palètta cuàtor : l’é ‘na frasjón äd second l’é véra mo la pol costär un campionät ! e da tì Paletón a né m’ l’aspetäva mìga dabón ! a vrà dir ch’ a t’ gh’arè da fär al gol decizìv l’ultma partìda restèmma d’acòrdi acsì ?
Felipe sètt : béla prestasjón, purtrop un gol magnè clamoróz ch’ l’arìss podù portär al parègg’; a tutt il manéri a s’ vèdda ch’ a t’ si pù arpozè che i tò compàgn parchè l’al vèdda anca un òrob ch’ a t’ si do vòlti pù lùccid che lor

Molinär sìncov : a t’ paräv Daniele Capra, mìttich tarsén dal Barbjàn, a t’ butäv  ‘na gamba a Valera e vùnna a Marór, con la difarénsa che Daniél al zbalotäva di parsùtt déz óri al dì e la sìra l’éra stùff, ti invéci la sùggna a né t’ sé gnanch co l’é second mi

Marchionni òt : béla partìda Marchino, lùccid e con béla gamba e un gran séns ädla pozisjón, pò j’ultom déz minud in apnéa péz che Majorca, mo la gh’ pól stär cantär e portär la cróza p’r un témp a s’ fa ch’ la fén lì

Gargàn cuàtor : sarà stè l’emosjón äd zugär contra l’Inter, sarà stè ch’ i t’ conòsson bén bombén, sarà stè còll ch’ a t’ n’é vója, mo i t’ àn ciapè in méza cme un giovedì da l’inìssi ala fén e ti a né t’ gh’é capì pròprja njénta jerdlà

Paról sìncov : l’é véra che s’ i t’ tacävon ‘na dinamo sòtta ‘l scärpi a t’ däv corénta a méza citè, mo col gol lì su l’ arbatùda dal rigór l’éra pù fàcil da fär che al rigór stés, e vón cme ti äd solit l’é decizìv ! cära al me ragàs a t’ s’é abituè trop bén adésa a né s’ contintèmma pù

Biabiany cuàtor : vagh a fär trop complimént ti a la génta… tornè indrè ai livél d’inìssi campionät, jerdlà gnanca la corsa, al paräva zvudè, mól cme un bodén, e a s’ sa che sa té gh’ tir via la corsa a vén via al pù bél

 Casàn séz : si al so, t’é zbaljè un rigor pù che fondamentäl, mo l’é städa ‘na grand paräda, dala curva t’arìs dè cuàtor, a ca’ són artornè a vèddor tùtta la partìda e tra assist, colp äd tésta e un grand impìggn al séz l’é giùsst ! adésa però tòcca a tì fin in fonda, par l’Europa e p’r al Brazil

Palladén sìncov : a s’ vèdda che sul so navigatór al botgär ch’ al vénda la grénta al n’é mìga sgnè o l’é falì socuànt ani fa ! sémp’r in pónta äd pè anca cuand sarvirìssa al maràs, mäj ‘na blizgäda mäj un contrast, potensjäl da ufo rendimént da man in- t-i cavji

Donadón sìncov : Mìsster, al cambi al s’ fa prìmma d’arcminsär al zógh, sùbbit ! e col particolär picén chi al s’é costè trì pont fondamentäl ! dai eh, ch’ al càta la manéra äd drisär la baràca parchè sarìss un pchè dabón
(Tgnèmmos vìsst)

(Testo di Crociato 63)
(Correzione ortografica a cura di Enrico Maletti)

 

 

domenica 20 aprile 2014

Giovedi 24 aprile ore 20,30 " CENA - SPETTACOLO IN DIALETTO" Taverna Espumosa strada Valera di sopra 74/a (PR) con "IO PARLO PARMIGIANO" prenotazione obbligatoria 0521293097.

 
TAVERNA ESPUMOSA
(STRADA VALERA DI SOPRA 74/a) PARMA
Tel 0521293097
 
Tgnèmmos vìsst
 
 
 
 
 
 

Premiazione del concorso "FAT 'NA SELFIE" di "IO PARLO PARMIGIANO" in collaborazione con GAZZETTA DI PARMA alla serata al BEST di Felino. Con Luca Conti, Mirko Leraghi, Rico Montanini Enrico Maletti.

 
Foto della serata al "BEST" di Felino di "IO PARLO PARMIGIANO. Con Luca Conti Mirko Leraghi Rico Montanini Danilo Barozzi (Baroz) Enrico Maletti. Ospite la campionessa parolimpica Giulia Ghiretti. Premiazione del concorso "FAT 'NA SELFIE" in collaborazione con GAZZETTA DI PARMA. 

 
(Tgnèmmos vìsst)

(FOTO DI CRISTINA CABASSA)
(CLICCA SULLE FOTO PER INGRANDIRLE)

Foto di Luca Conti durante le prove della serata
L'immagine sul maxi schermo del "Profesor Malètt
Malètt,  Luca, Baroz e Rico durante le prove 
Malètt mentre suggerisce le parole in dialetto a Giulia Ghiretti
intervistata da Rico
Il gruppo con i premiati di "FAT 'NA SELFIE"
Il gruppo con i premiati di "FAT 'NA SELFIE"
Malètt,  Luca, Baroz e Rico durante le prove 
Afro Orlandini, Sabrima Schianchi della Gazzetta di Parma,
con la mamma di Rico e quella di Baroz
Baroz con Giulia Ghiretti e Afro Orlandini.
Il pubblico a cena
Luca, Baroz, Rico, Mirko e al "Profesor" Malètt.
Sabrina Schianci della Gazzetta di Parma
 con "IO PARLO PARMIGIANO"
Giulia Ghiretti con "IO PARLO PARMIGIANO"