"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 9 marzo 2014

Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Ccconi.

 
Pubblicato da Don Umberto Cocconi  domenica 9 marzo 2013  alle ore  7,15
 
Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. Dal vangelo secondo Matteo
 
Se il tentatore si accostasse a noi, che cosa ci proporrebbe? Su che cosa ci provocherebbe? Nel caso di Gesù, il diavolo cerca di sedurlo, prospettandogli una via nuova per risolvere i problemi dell’umanità e si offre per darGli una mano: agisce così, di solito, il tentatore. Si presenta come uno che ti viene incontro, che sta dalla tua parte. Scrive Giovanni Papini: «Il diavolo non è ateo: tutt’altro. Egli è certo, ancor più di noi, dell’esistenza di Dio. Il Diavolo non è per nulla favorevole all’ateismo; è probabile, anzi, che sia nemico degli atei». Per questo possiamo ipotizzare che il diavolo abbia pensato: “Forse Gesù è inesperto, perché è sempre vissuto a Nazaret e quindi non conosce quali siano i bisogni, le attese, i desideri della gente. E’ vissuto fuori dal mondo e quindi non sa ciò che abita nel cuore dell’uomo”, perciò, si presenta subdolamente come colui che vuole aiutarlo a realizzare i progetti di giustizia e di pace, o meglio, il regno dei cieli che Gesù intende portare sulla terra. Il diavolo, quindi, si presenta non come un antagonista, ma al contrario, come il suo principale collaboratore, per la realizzazione dei disegni di Dio. E’ un paradosso? No, molto di più! C’è un equivoco molto radicato in noi: siamo convinti che il diavolo voglia impedire all’uomo di credere in Dio. Invece – per quanto sembri impossibile -  questo  nemico vuole che l’umanità creda all’esistenza di Dio, o meglio, alla sua immagine deformata, caricaturale, come sembra che spesso abiti nel profondo di noi. Il diavolo desidera che l’uomo pensi Dio come un “superuomo”, che governa, giudica e condanna i “comuni mortali”; vuole, in definitiva, che abbiamo questa immagine della divinità: il Dio dei miracoli facili, della potenza, della gloria, il Dio che giudica e dà a ciascuno ciò che si merita. La strategia che Satana vuole perseguire è di indurci a credere che se Dio esiste davvero deve operare in modo miracolistico, con interventi straordinari, effetti speciali, per soccorrere un’umanità così “sgangherata”.
 
 Se i miracoli non succedono, secondo le umane richieste, vuol dire che Lui non esiste, è una proiezione di natura psicologica o sociale. E’ ciò che, nella sostanza, il diavolo chiede a Gesù. Dio non dovrebbe forse rispondere ai bisogni dell’uomo, creatura limitata, che soffre continuamente la “mancanza” del necessario per vivere? Questa fragilità della creatura è espressa dalla cifra “fame”. L’uomo è un essere che ha fame, quindi Dio, per essere giusto, dovrebbe soddisfare “la fame dell‘uomo”. Ecco perché il tentatore sollecita Gesù a far sì che l’umanità abbia da mangiare, e per questo lo provoca, dicendogli: “Fa che queste pietre diventino pane”. Con ciò gli sta suggerendo: “Non senti il grido disperato di tante persone che hanno fame? Non vuoi rispondere a queste loro attese? Non sei il figlio di Dio? E che figlio di Dio sei, se non sai ascoltare il grido di dolore dell’umanità? Che cosa potrà farsene, l’umanità, di un Dio, che non sa preoccuparsi delle sue necessità e non potrà renderla sazia e felice?”. Non c’è che dire, il nemico sa fare bene il suo mestiere. Con la sua risposta “Non di solo pane vive l’uomo” Gesù fa intendere chiaramente, di non voler approfittare della debolezza fisica dell’uomo, per cui se vi è nel suo cuore una fame vera e propria, sì da renderlo una creatura speciale, quella è fame di giustizia, di autenticità, di libertà. Il Dio che Gesù vuole farci conoscere è, prima di tutto, il Dio che non vuole dominare sull’uomo, che non vuole essere temuto, ma che desidera piuttosto instaurare una relazione, un dialogo di fiducia con lui, senza forzarlo. Questo Dio quindi non vuole essere servito, ma servire l‘umanità, offrendo se stesso in dono. Ciò si capirà ancor più chiaramente nella seconda tentazione, quando il diavolo suggerisce a Gesù di accreditarsi come figlio di Dio, per dimostrare tutta la sua potenza, la sua invulnerabilità, il suo non essere un comune mortale.
 
 Il Dio che Gesù ci rivelerà, invece, non sarà il Dio Super-Potente, che vuole salvaguardare le sue prerogative, i suoi attributi divini, ma il Dio che si sporca le mani e lascia che il rifiuto e gli insulti lo raggiungano, i chiodi lo trafiggano, la solitudine gli geli il cuore. Non avrà sete di vittoria, quanto piuttosto di consegnarsi nelle mani aggressive degli uomini, tanto è il suo desiderio di amarli fino alla pienezza dell’amore, accettando di lasciarsi trattare come un qualunque malfattore. L’ultima tentazione ci riporta al tema de “il fine giustifica i mezzi”, un bel tema di riflessione per tutti noi. Sino a che punto siamo disposti a scendere a compromessi? Sino a che punto siamo disposti a prostituirci, pur di avere ciò che desideriamo? Satana qui alza la posta: “colpisce” nel profondo Gesù. Lo conduce su un monte altissimo, da dove si possono vedere tutti i regni del mondo e tutta la loro gloria, dichiarandogli espressamente che tutto avrebbe potuto essere nelle sue mani, se si fosse prostrato ai suoi piedi. Come si può rifiutare una simile proposta? Per di più così allettante? Tutto il potere politico ed economico, potrebbe, in un attimo, essere al servizio dei progetti di Dio! Infatti è opinione comune che solo gestendo le leve del potere, si possa cambiare tutto quanto, comprese le persone. Ma … ne siamo proprio sicuri? Il Dio “adorabile” che Gesù Cristo ci rivela è il Dio che non ha potere, almeno secondo i nostri metri di giudizio: l’unico suo potere è quello che manifesta amando  e servendo. Come afferma papa Francesco: «il vero potere sta nel servizio. Come ha dimostrato Gesù, che è venuto non a per essere servito, ma a servire. E il suo servizio è stato proprio un servizio di croce. Essere promossi alla croce: questa è la vera promozione, perché ci fa  assomigliare meglio a Gesù. Altre promozioni non ve ne sono, in quanto sono promozioni mondane che non hanno niente a che vedere con lo stile del figlio di Dio e non riflettono la sua tenerezza. 
 
Il film che presentiamo è IDA che è stato acclamato e pluripremiato dalla critica, come “uno dei film più toccanti e poetici, visti sul grande schermo negli ultimi tempi”. La vicenda è ambientata negli anni '60 nella Polonia comunista. La splendida fotografia in bianco e nero, ci introduce delicatamente tra le mura di un convento, dove la giovanissima Anna, orfana, cresciuta tra le suore, sta per prendere i voti. E qui entra in scena, la prima tentazione per Anna: la scoperta delle proprie origini. La madre superiora la “obbliga” ad uscire dal convento, per conoscere se stessa e il suo passato. Anna conoscere sua zia Wanda, bevitrice e libertina, di professione ex pubblico ministero del regime. Le due donne, ritrovatesi insieme, affrontano il viaggio che le porta alla scoperta di se stesse e del loro inquietante passato. Anna verrà a sapere che il suo vero nome è Ida e nel contempo verrà a conoscere la storia della sua famiglia di origini ebraiche. Ida deve affrontare un dilemma: scegliere tra la sua identità di nascita e la religione che l’ha salvata dai massacri nazisti. Mentre Wanda deve affrontare le decisioni prese durante la guerra, quando privilegiò la lealtà alla causa rivoluzionaria, piuttosto che alla sua famiglia. Ida dovrà poi affrontare, a livello esistenziale la scelta della castità. Infatti l’insegnamento provocatorio, paragonabile per certi aspetti, ad una nuova tentazione, che la zia Wanda consegna alla fragile e sensibile Ida, per la prima volta lontana dalle mura rassicuranti del convento, riguarda la castità. Nella mente di Ida risuonano in continuazione le parole della zia: «guarda che se prima non si conosce il gusto del peccato, non è affatto un sacrificio la castità, ma semmai una scelta codarda, nonché il rifiuto della pulsione vitale». Che cosa farà Ida a questo riguardo?
(DON UMBERTO COCCONI)

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