"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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giovedì 25 dicembre 2014

IL VANGELO DEL GIORNO DI NATALE 2014. COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI

IL VANGELO DEL GIORNO DI NATALE 2014

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. (Vangelo secondo Luca)

Dov’è il luogo in cui Dio può nascere? Dove si trova veramente Betlemme? Siamo proprio sicuri che la vera Betlemme di cui parla il Vangelo è proprio la città a sud di Gerusalemme? O si vuole evocare un’altra Betlemme, che in realtà è proprio il tuo mondo, a significare che Dio nasce in te, nella tua casa? Dio nasce dove c’è qualcuno che lo accoglie: quella è la vera Betlemme! Il Vangelo racconta sostanzialmente l’inizio della nostra vita umanizzata, la storia del nostro divenire uomini, per questo “Betlemme” si trova ovunque ci siano uomini e donne che “hanno fame e sete della giustizia di Dio”. Si racconta che i pastori “vegliavano di notte”, ma cosa significa vegliare durante la notte? Quando gli uomini si ritrovano senza più una prospettiva e i loro sogni frantumati, percepiscono che il mondo è in un vuoto abissale. E le loro mani allora cercano così un appiglio senza trovarlo così ogni mattina non incomincia  con il sorgere del sole, ma con una nuova eclissi solare. A questi uomini della notte, dice il Vangelo, Cristo è apparso come luce che brilla nell’oscurità, su coloro che sono lontani da Dio; su quelli che camminavano nelle tenebre, “risplendette una luce radiosa”. Il natale è il racconto dell’incredibile che accade nella storia dell’umanità: il miracolo della divinizzazione dell'essere umano. Da questo giorno in poi l’uomo si percepisce diverso da come si era prima compreso. Questi angeli invitano i pastori a guardare la realtà e a scorgervi, propria nella piccolezza, nella fragilità, nella storia di una famiglia, la presenza di Dio, del Dio vivo e vero. In mezzo alla povertà, là dove nessuno se lo  aspetterebbe, lontano dallo splendore dorato dei palazzi, fuori dalle sale del trono dei potenti, nel più piccolo dei capoluoghi della Giudea, così come aveva annunciato il profeta, viene al mondo il nostro redentore. 

Nel mezzo della notte, ossia nell'oscurità illuminata solo dalle stelle, nasce il Signore. Mentre vanno finalmente a Betlemme, che significa “la casa del pane”, dopo questo cammino a piedi, si compiono per Maria i giorni del parto. Maria tiene nelle mani suo Figlio, che è Dio; quel Dio che nessuno ha mai visto, lo si conosce attraverso quella carne, che è quel piccolo lì, che tiene nelle mani. Dio è amore e l’amore è consegnarsi all’altro, mettersi nelle mani dell’altro. Dio si è messo nelle mani della prima persona che ha detto “sì” e l’ha accolto. Tutti quelli che diranno SI’ avranno Dio nelle loro stesse mani. Chi è Dio? È uno che mi sta nelle mani! Come dice Giovanni “ la Parola si è fatta carne”, si fa bambino, ”in quei tre chili di peso circa”, si fa pane. Dio può essere toccato dalle tue mani, per cui si ha un’esperienza tattile di Dio. Non vedi Maria che lo fascia, lo tocca, lo abbraccia, si prende cura di Lui con ineffabile amore, come fa una mamma per il suo bambino appena nato?  «Quel Dio è ridotto al bisogno, perché Dio è amore e l’amore ha bisogno di essere amato. E se noi lo amiamo diventiamo come Dio che è amore, quindi è proprio questo bambino a salvarci, a farci diventare Dio, perché la salvezza dell’uomo è diventare ciò che è: come Dio che è amore» (Silvano Fausti). Ancora una volta chiediamoci: Chi è Dio? È proprio quello che è nelle mani di Maria e nelle mani nostre quando diciamo “Amen”: “Si, eccomi”. 

Vengono proprio in mente le parole di Gesù pronunciate nell’ultima cena: “prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, vivete di questo”. Allora chi è Dio? È colui che si mette nelle nostre mani. Maria, in quella notte,  adagiò “il suo piccolo” nella mangiatoia, dove mangiano gli animali: questo Dio è venuto per tutti, anche per noi! La mangiatoia è il luogo dove si mangia, dove si vive: siamo fatti per mangiare Dio, per assimilare il suo corpo. Uno vive di ciò che mangia ed è ciò che mangia! Per Gesù, Giuseppe e Maria non c’era un posto, un luogo per loro dove ripararsi. Per Dio non c’è nessun luogo: l’unico luogo, l’unico tempio è quello: la carne di quel piccolo, in cui abita corporalmente la pienezza della divinità. Quel Dio, di cui non si è mai vista la sua carne, si rivela nella carne di Gesù. Per Dio si compie “il settimo giorno”, finalmente si riposa, perché si sente accolto da noi e trova riposo tra le nostre mani. Il riposo di Dio è essere accolto nelle mani dell’uomo! Questa scena, come dicono i mistici, è da contemplare ed ha un valore infinito: più la gusti interiormente più cogli questo mistero! Siamo nella vera Betlemme, sostituisciti per un istante a Maria e “godi” di avere tra le tue mani questo bambino, che è anche tuo Figlio: il tuo Dio. 
(DON UMBERTO COCCONI)

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