"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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sabato 4 gennaio 2014

Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi

 


Pubblicato da Don Umberto Cocconi  sabato 4 gennaio 2013  alle ore 17,22

«In principio era la Parola, e la Parola era verso Dio, e Dio era la Parola.
Questi ea in principio verso Dio.
Ogni evento in lui era vita, la luce per gli uomini era quella vita!
E la luce brilla nelle tenebre, imprendibile alle tenebre.
Era la luce vera che rischiara ogni uomo a venire al mondo.
Era nel mondo, e mediante lei fu il mondo, eppure il mondo non la riconobbe.
Venne tra i suoi, ma i suoi, non l’accolsero.
Ma a quanti l’accolsero, diede potere di diventar figli di Dio, a quanti credono nel suo nome,
- lui non da sangue, né da voglia di carne, né da voglia di uomo, ma da Dio sono stati generati!
Così la Parola si fece carne, e prese dimora tra noi, e noi contemplammo la sua gloria, -
gloria di unico generato dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Sì, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia sopra grazia!
La legge infatti fu data a Mosè.
la grazia e la verità vennero con Gesù Cristo.
Vedere Dio – nessuno ha mai potuto.
L’unigenito Dio proteso al seno del Padre
lui ha potuto narrarne!» (Vangelo secondo Giovanni).
 
L’evangelista Giovanni ci riporta a un istante prima della creazione, a ciò che “era in principio”. Il libro della Genesi ci dice che cosa fece Dio “in principio”, Giovanni ci racconta ciò che era “in principio”.
Ci poniamo la domanda delle domande: che cosa faceva Dio prima di creare il mondo? Faceva ciò che fa eternamente e in eterno farà: genera la Parola, che è la persona del Figlio. Pertanto “in principio” era la Parola rivolta verso Dio. Se noi paradossalmente fossimo stati gli spettatori di ciò che era “in principio” avremmo visto, ciò che non avremmo mai immaginato, cioè poter contemplare un dialogo d’amore tra Padre che ama il Figlio e il Figlio che accoglie il Dono del Padre; dal loro reciproco donarsi è effuso quello Spirito che è Amore. Quindi prima del divenire  c’era la Parola, pertanto l’incontro si fissa come origine di tutto.
La parola che era presso Dio, che stava di fronte a Dio, quella Parola che era Dio, che ha creato tutte le cose, che esisteva prima del principio  è  … divenuta carne, si è fatta fragilità, debolezza, precarietà.  L’apostolo Paolo, quando parla di queste cose, afferma che il Cristo  “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini”.  Il divenire carne della Parola è il punto d’arrivo della rivelazione di Dio, che si comunica all’uomo.
 
La Parola eterna, che era rivolta a Dio ed è Dio, in un momento preciso della storia “divenne” carne. Cambia il modo in cui Dio comunica con noi perché ciò che da sempre era ed è, “divenne” carne, assunse la nostra condizione mortale. Nel divenire carne, il donarsi di Dio all’umanità diventa completo e definitivo. La Parola non assume un’apparenza umana, non indossa la nostra carne come un vestito, si fà come uno di noi, si fà uomo. La Parola che è Dio diviene un uomo mortale nella persona di Gesù: fa suo “l’essere-per-la-morte” della nostra natura umana. E proprio la sua carne, e non altro, rivela la Gloria del Padre.
Si fa davvero fatica a pensare a un Dio che ha voluto essere come siamo noi. Se ci fa paura l’essere deboli, un Dio debole decisamente ci scandalizza. Un Dio debole, che è fragile, che muore, che Dio sarà? Quale sicurezza e affidabilità può offrire a noi, sempre in cerca di una roccia stabile su cui fondare la nostra esistenza?  Dio è il Totalmente Altro, altro anche dal nostro concetto stesso di altro: talmente altro da essere come noi.
Natale è proprio scoprire che la Parola, che era rivolta solo al Padre, ora si volge totalmente verso il mondo! Affermare che la Parola era prima  di fronte a Dio e che ora è di fronte agli uomini, suggerisce qualcosa di dinamico, tipico di ogni relazione: l’incontro di due sguardi.
 
La Parola, facendosi carne ti viene incontro nella tua umanità, nella tua storia di peccato. La carne di Gesù – questo è lo scandalo – è proprio quella di Dio, della Parola creatrice. La carne di Gesù diviene così il luogo della nostra comunione con il Padre: la Parola che si fa carne è la via per diventare figli mediante il Figlio.
La Parola che si è fatta “uno di noi” ha narrato Dio. Narrare  in greco (ex-egéomai) significa portar-fuori, esporre, spiegare, descrivere, interpretare, fare esegesi. L’uomo Gesù, proprio perchè  era proteso al seno del Padre, è pienamente capace di narrare, con la sua carne, il Dio invisibile. Ogni discorso su Dio deve fare i conti con la “carne” del Figlio che è l’umiltà di Dio.
Si può affermare che il vangelo di Giovanni è la drammatizzazione dell’incontro della Parola con l’uomo, suo interlocutore. «Vedere la madre è nascere, vedere Dio è venire alla luce del proprio volto. Nostalgia di colui davanti al quale è se stesso, l’uomo è desiderio di vedere Dio, suo volto nascosto. Ma nessuno l’ha mai visto, perché, fin dall’inizio, Adamo gli ha voltato le spalle» (Silvano Fausti). La Bibbia è pervasa dall’anelito di “vedere il Volto di Dio”, luce del nostro volto, ma vedere Dio è impossibile; però se ascoltiamo la Parola possiamo vederne il volto in chi lo ascolta in quanto è divenuto suo figlio.
(DON UMBERTO COCCONI)
                
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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