"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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sabato 16 marzo 2013

Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi.




Pubblicato da Don Umberto Cocconi il
giorno sabato 16 marzo
2013 alle ore 19,53









Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (dal vangelo secondo Giovanni).

Siamo a Gerusalemme, all’alba. Dopo aver trascorso la notte sul monte degli Ulivi, Gesù sale al tempio. Mentre è seduto, in qualità di maestro, ad annunciare la Parola, ecco che irrompono un gruppo di «scribi e farisei che gli conducono una donna sorpresa in adulterio, per metterlo alla prova». Questi uomini religiosi, interpreti zelanti della Legge, collocano in mezzo a tutti la donna, additandola come peccatrice e immediatamente colgono l’occasione per interpellare Gesù. «Maestro, Mosè nella Legge ci ha comandato di lapidare donne come questa» è la loro domanda. L’espressione è carica di disprezzo. Non sembra indicare una persona, bensì la rappresentante di una categoria innominabile (“una di quelle”, diremmo noi). Il tono sembrerebbe sottintendere qualche imbarazzo, davanti alla durezza della legge mosaica, che tuttavia era necessario applicare. “Chi siamo noi per andare contro le disposizioni divine?” sembrano dire. “Il nostro compito, anche se è ingrato, è quello di salvaguardare la tradizione dei padri e di obbedirle”.

La legge mosaica, indubbiamente molto severa, non era però priva di “disposizioni procedurali”: prevedeva effettivamente la lapidazione per alcuni delitti, ma, nel timore di false denunce, obbligava gli accusatori, minimo due, a lanciare loro stessi, per primi, le prime due pietre; se la loro testimonianza si fosse poi rivelata falsa, anch’essi sarebbe incorsi nella medesima condanna. Tuttavia, al gruppo di scribi e di farisei non interessavano affatto la donna e la sua vicenda: in realtà lei era un pretesto per puntare più in alto, era un mezzo, un’esca per catturare e incastrare Gesù, dando per scontato che lui non si sarebbe sottratto a questo confronto. Sono convinti di conoscere bene i suoi punti deboli e pensano: “di certo si intrappolerà con le sue stesse parole”. La domanda che gli pongono, infatti, lo inviterà a schierarsi da una parte o dall’altra e sarà costretto a prendere una decisione. E’ o non è l’uomo del “Sì, sì – no, no”? Se decide a favore della Legge, allora perché accoglie i peccatori e le prostitute e mangia con loro? Perché annuncia la misericordia? Quel: «Che ne dici?» significa dunque: «Tu che predichi il perdono di Dio, la remissione dei peccati, che dici di essere venuto a cercare i peccatori e non i giusti, da che parte ti schieri in questo caso?».

Al centro della scena, come ha detto sant’Agostino, stanno “la misera e la misericordia”. Agli occhi di tutti, quella donna è una peccatrice, anzi, è il peccato stesso. Solo lei è stata condotta in giudizio, non il suo complice che, secondo la Legge di Mosè, avrebbe dovuto essere condannato a morte anche lui. Solo lei è stata esposta all’opinione pubblica con il suo peccato, dichiarato di fronte a tutti. Quando Gesù si rende conto di essere accerchiato dalla folla ecco che, al fine di non provocarli, «si chinò e si mise a scrivere col dito per terra». Come afferma René Girard: «Non è allo scopo di scrivere che egli si china a terra, è perché è chinato che si mette a scrivere. Gesù fa così, per evitare lo sguardo di questi uomini e i loro occhi iniettati di sangue. Se ricambiasse il loro sguardo, questi uomini già sovreccitati, anziché interpretare il suo sguardo per quello che è veramente, lo trasformerebbero in uno specchio della loro collera. Essi non leggerebbero negli occhi di Gesù un’intenzione pacifica, ma la loro stessa sfida, la loro stessa provocazione, e per questo si sentirebbero giustificati ad agire contro di lui. Un confronto diretto non potrebbe più essere evitato e questo con ogni probabilità implicherebbe ciò che Gesù si sta sforzando di impedire, la lapidazione della vittima. 

Gesù evita dunque, con il suo atteggiamento, anche solo l’ombra di una provocazione». Ma «poiché insistevano nell’interrogarlo» Gesù si alzò in piedi e commentò in modo categorico: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Come afferma René Girard, la “prima pietra” non ha nulla di retorico: è davvero decisiva perché è la più difficile da scagliare, perché è la sola a non avere modelli, a non essere conseguenza (bensì la possibile causa) di comportamenti mimetici. Quando Gesù pronunciò queste parole, fa della “prima pietra” l’ultimo ostacolo che impedisce la lapidazione. Attirando l’attenzione su di essa, menzionandola esplicitamente, Gesù rinforza l’ostacolo, lo evidenzia. Più gli aspiranti lapidatori comprendono la responsabilità che si assumono col gesto di scagliare la prima pietra, maggiori diventano le possibilità che questa pietra cada loro di mano. Infatti, il primo che rinuncia a lapidare la donna adultera se ne trascina immediatamente dietro un secondo, e così via. Alla fine, orientato dalle parole di Gesù, l’intero gruppo rinuncia al suo progetto violento. L’episodio della donna adultera è uno dei rari successi di Gesù di fronte a una “folla violenta e inarrestabile”: sono ben più numerosi i suoi scacchi! Subito dopo, infatti, ci sarà il tentativo di lapidare anche lui. La folla avrà poi la sua rivincita nel momento della Passione, quando deciderà di mandarlo a morte, e Lui non si sottrarrà, pur potendolo, alla loro decisione. 

Solo quando tutti se ne sono andati, Gesù si alza in piedi e sta di fronte a colei che additano come adultera, chiamandola «donna», sposa, rammentandole la sua identità con una espressione non  generica, ma che in questo caso diviene un titolo di rispetto, come con la madre, con la samaritana e con Maria di Magdala nell’alba del giorno di Pasqua. Nessuno le aveva rivolto la parola quando era stata trascinata lì come un oggetto. Gesù invece si rivolge a lei, le restituisce la sua dignità di interlocutrice e le chiede: «Dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Oudeís, Kýrie», «Nessuno, Signore», manifestando una grande professione di fede. Colui che si trova di fronte a lei è più di un semplice maestro, «è il Signore», il Dio liberatore, come il discepolo amato confesserà dopo la Risurrezione. Infine, Gesù conclude questo incontro con un’affermazione straordinaria: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Il peccato, questo “bersaglio mancato” (così nella lingua ebraica), è ancora identificato chiaramente come errore. Nella nostra lingua, del resto, “adulterare” significa snaturare e guastare gravemente qualcosa, un alimento come il vino adulterato! E’ una colpa che snatura l’alleanza matrimoniale e può ferirla mortalmente, tuttavia, «Gesù non condanna, perché Dio non condanna, ma con questo suo atto di misericordia preveniente offre a quella donna la possibilità di cambiare» (Enzo Bianchi). Nient’altro, del resto, sta più a cuore al Dio biblico, già presentato dai profeti, come Colui che non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva.
(DON UMBERTO COCCONI)

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