"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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martedì 6 gennaio 2015

IL VANGELO DELL' EPIFANIA. ARRIVANO I RE MAGI...COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI.

IL VANGELO DEL 6 GENNAIO 2015

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. (Vangelo secondo Matteo)

I magi venuti da lontano, splendido emblema dei cercatori di Dio, ci incoraggiano a lanciarci con coraggio per strade ignote, a intraprendere un lungo e non facile viaggio. Solo allontanandoci dalle nostre certezze, dalle nostre abitudini, sembrano dirci, possiamo conoscere la verità, fare questo incontro fondamentale. Chi sono questi magi innanzi tutto? Forse dei sapienti, dei filosofi, degli scienziati, persone che “guardano il cielo”, che guardano in alto, ma per meglio scendere nella profondità delle cose e nella profondità di se stessi, là dove nascono le domande più importanti. I magi, pertanto, sono persone che si lasciano meravigliare, sorprendere, che non si accontentano di risposte facili e preconfezionate, ma cercano un’intelligenza profonda della realtà. Il primo cammino perché germogli la fede è dunque chiedersi il perché, il senso delle cose, è fare esperienza della salutare inquietudine che caratterizza l’essere umano, il suo desiderio e la sua capacità di vedere “oltre”. La gioia è la cifra della verità della nostra ricerca, il segno del suo buon fine. “I magi provarono una gioia grandissima”, dice il vangelo: dunque, il luogo dove Dio è presente è la gioia, il segno più eloquente della sua presenza. Altre cose ti potranno dare piacere, ma solo Dio può dare gioia! “Bella scintilla divina”: così l’hanno definita e cantata Schiller e Beethoven. Noi non cerchiamo solo cose che colmino le nostre mancanze, che soddisfino i nostri bisogni: cerchiamo prima di tutto la gioia. Ma dove abita questo dono supremo? 

Essere alla presenza di Dio, contemplare il suo volto, ecco cosa significa sperimentare la gioia! Una gioia che ti dà la forza di affrontare ogni modalità della vita, compresa la persecuzione, la tribolazione, perfino la morte. “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre”: niente di straordinario, a prima vista. Eppure … i magi, che cercano “il re dei Giudei”, non possono sapere ancora che quello è il titolo inchiodato sopra il capo di Colui che sarà confitto alla croce. Proprio là, nel Dio crocifisso, si manifesterà pienamente la regalità, la gloria del Dio vivente. «Nell’umile grotta di Betlemme giace, su un po’ di paglia, il “chicco di grano” che morendo porterà “molto frutto”. Per parlare di se stesso e della sua missione salvifica, Gesù, nel corso della sua vita pubblica, farà ricorso all’immagine del pane. Dirà: “Io sono il pane della vita”, “Io sono il pane disceso dal cielo”, “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”» (Giovanni Paolo II). Un Dio che si fa cibo adorabile! Quando videro “il bambino con Maria sua madre”, infatti, i magi “si prostrarono e lo adorarono”. Questo splendido verbo, che noi abbiamo indebitamente “spiritualizzato”, vuol dire etimologicamente “portare alla bocca”, come nell’atto del mangiare o nel bacio. Quando coloro che si amano dicono l’uno all’altro: “Ti mangerei di baci!” interpretano alla lettera il senso originario dell’adorazione.

Questo “morso incruento” che è il bacio, è una ricerca d’intima comunione che non vuole la distruzione dell’altro, anzi, ne esalta l’importanza, come del più necessario degli alimenti, però lo rispetta nella sua integrità, lo onora,lo glorifica, lo desidera eterno e in eterno. Forse, proprio nel rapporto tra la Madre e il Figlio lattante stanno l’archetipo del bacio e dell’adorazione! Invece di scandalizzarsi dinanzi all’essenzialità del segno incontrato - il Bambino con la Madre -, i magi si affidano, si fanno accoglienti, aprono il loro cuore, fanno quello che fa Dio: Dio si è offerto loro nel Bambino e loro offrono se stessi a Lui. Dov’è Dio, dunque? È nel cuore di chi lo ama: è lì che nasce Dio. Dove l’uomo ha questo desiderio e questo amore, lì Dio nasce, ancora oggi. L’adorazione è davvero il senso profondo della vita. Il baciare, il desiderare, la comunione di vita: l’uomo è fatto per la piena comunione con Dio!I magi imparano che devono donare se stessi e donare la propria esistenza, illuminata e rinnovata:nulla di meno, per onorare un Re di tale importanza. Il Vangelo precisa che, dopo aver incontrato Cristo, i magi tornarono al loro paese “per un’altra strada”. Un cambiamento di rotta che simboleggia bene la conversione alla quale coloro che incontrano Gesù sono chiamati, per diventare“veri adoratori” di Dio. Ciò comporta l’imitazione del suo modo di agire, facendo di se stessi - come afferma l’apostolo Paolo - un “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”, non conformandosi alla mentalità del mondo, ma trasformandosi rinnovando la propria mente, “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto”.
(DON UMBERTO COCCONI)

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