"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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sabato 20 agosto 2016

IL VANGELO DELLA DOMENICA: COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI.



Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!". Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» (Vangelo di Luca).
Chissà quante volte ci sarà capitato di trovarci davanti a un bivio e ci siamo detti: “Adesso quale direzione prendo?”. Qualche volta siamo rimasti impalati ed immobili e nell’incertezza e nel dubbio abbiamo consultato il nostro “navigatore satellitare”, compiendo probabilmente la scelta più conveniente. Altre volte ci siamo accodati e senza pensare troppo, se quella via era giusta o sbagliata, abbiamo seguito percorsi già battuti. Le parole di Gesù “sforzatevi di entrate per la porta stretta”, sono però spiazzanti: passare attraverso una porta piccola non è di certo la nostra prima scelta. Molte volte ci siamo lasciati sedurre e abbiamo scelto la porta più larga e spaziosa, perché più comoda, più facile da attraversare, per questo è la più cliccata dalla gente. Poi ti ritrovi, che avendo fatto scelte di comodo, all’apparenza vincenti, ti senti stanco, triste, insoddisfatto e scopri che quella non era di certo la strada giusta. Ci possiamo chiedere: “Per quale porta ci piacerebbe entrare? Quali porte nella nostra vita abbiamo varcato? Oltrepassare una porta significa, prima di tutto, uscire dal proprio mondo e respirare nuovi orizzonti. Ma che cosa significa passare attraverso una porta stretta? Come minimo dovresti “sgonfiarti”, altrimenti non passi, farti piccolo, diventare umile e povero. Abbiamo varcato quest’anno, per il grande giubileo, la porta della misericordia: che bellezza tante porte nella nostra diocesi sono state aperte. Come le ho oltrepassate? Mi sono sentito avvolto dalla misericordia di Dio, dalla sua tenerezza? Oppure mentre oltrepassavo, con una certa disinvoltura quella porta il Signore mi ha detto: “Cosa ci fai qui! Non so chi sei, non ti conosco”.

 E noi, alquanto sbigottiti, gli abbiamo risposto: “Signore, sono io, non mi riconosci? Non perdevo una messa, ho fatto anche il chirichetto e a catechismo ero uno dei primi”. Ma Lui ribadirà: “Non ti riconosco, non mi assomigli, non sei salito sulla croce, hai fatto scelte di comodo, ti sei, al contrario autogiustificato rinchiudendoti nel tuo egoismo e hai sprecato così la possibilità di far felici gli altri”. Saremo riconosciuti dal Padre solo se avremo riconosciuto nei fratelli e nelle sorelle il volto del Cristo e ci saremo fatti servitori dei più poveri tra i poveri. Allora Gesù ci dirà: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». La nostra salvezza la giochiamo soprattutto nelle relazioni con gli altri, non con Dio. Non ci chiederà il Signore se abbiamo creduto in Lui, ma se abbiamo amato come Lui. Che senso ha partecipare all’eucaristia e poi non si è stati capaci di diventare pane, di essere cibo di vita per gli altri? Sì, si potrà anche aver ascoltato l’insegnamento del Signore, ma questo insegnamento non ha trasformato la nostra esistenza.

 La domanda di quel tale che chiede a Gesù “Se sono pochi quelli che si salvano?”, ci fa pensare, sbagliando, che la salvezza possa dipendere da noi, che uno possa salvarsi da solo. Nessuno "si salva" da solo, perché nessuno salva se stesso, siamo tutti salvati per grazia di Dio, perché Dio è un Padre che ama tutti i suoi figli. Chi sono quindi quelli che si salvano? Quelli che accettano di essere salvati, quelli che invocano la sua misericordia di Dio, quelli che non si sentono degni di un tale amore: sono i perduti, i lontani, i peccatori. E la salvezza non è altro che l’amore gratuito del Padre che fa nuova la nostra vita, ricreandoci. «Chi vuole comprare la salvezza, con le opere buone, è come chi va a prostitute, tratta Dio da prostituta. Nessun si salva fino a quando non scopre il suo peccato, che è l’autogiustificazione, che è il peggior peccato» (Silvano Fausti). Afferma papa Francesco: «Qualcuno di voi forse potrà dirmi: “Ma, Padre, sicuramente io sono escluso, perché sono un gran peccatore: ho fatto cose brutte, ne ho fatte tante, nella vita”. No, non sei escluso! Precisamente per questo sei il preferito, perché Gesù preferisce il peccatore, sempre, per perdonarlo, per amarlo. Gesù ti sta aspettando per abbracciarti, per perdonarti. Non avere paura: Lui ti aspetta. Animati, fatti coraggio per entrare per la sua porta. Tutti sono invitati a varcare questa porta, a varcare la porta della fede, ad entrare nella sua vita, e a farlo entrare nella nostra vita, perché Lui la trasformi, la rinnovi, le doni gioia piena e duratura». Il vangelo di Luca è stato scritto proprio per coloro che si ritengono giusti, per noi, affinchè convertendosi alla misericordia del Padre non riducamo nuovamente la fede in Dio a una legge ancora più tremenda di tutte le altre.
(DON UMBERTO COCCONI)


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