Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno sabato 14 settembre 2013 alle 16,02
Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto"» (Vangelo secondo Luca)
Chi sono coloro che ascoltano la parabola di Gesù, chi è oggi il suo “uditorio”? Luca sottolinea innanzitutto la presenza dei peccatori, e dei peccatori per eccellenza, “i pubblicani”, i più odiati e rifiutati. Sono loro, incredibilmente, che si fanno intorno al maestro di Nazaret “per ascoltarlo”. Chi l’avrebbe mai detto? Proprio i peccatori si sentono attratti, quasi… magneticamente, da uno che potrebbe far loro “la morale”, che potrebbe rimproverarli severamente. Eppure è così: “tutti” i peccatori si avvicinano a Gesù, nessuno escluso. Non sono soli, però: a tiro d’ascolto, ma resi distanti dal loro stesso atteggiamento, si trovano “i giusti”, ovvero i farisei e gli scribi, che mormorano, commentano, si sussurrano l’un l’altro un profondo malcontento nei confronti di questo presunto rabbì che non rispetta le regole. Che cosa dicono, o meglio, che malignità mormorano nei confronti di Gesù? «Costui» (espressione sarcastica e polemica) «accoglie i peccatori e mangia con loro», insomma non rispetta le giuste distanze, le ovvie distinzioni, anzi fraternizza, fa comunione, dunque si contamina con il male! Questo proprio non va, è scandaloso: che maestro è mai, chi si comporta così?
Ma è proprio a loro, agli osservanti, ai “legalisti”, che Gesù si rivolge, anzi li cerca e li chiama esplicitamente: “Chi di voi…”, dice ai cosiddetti giusti, in un confronto diretto con l’incredibile logica di Dio che è pastore, come nessun altro pastore sulla terra, che è simile a una “donna di casa”, ha mai sentito un paragone simile? Dio non si rassegna che qualcuno si perda: fosse anche una pecora che si è perduta, perché ha voluto perdersi e magari ha fatto di tutto per perdersi, fosse pure una pecorella ribelle e “infame”, che dà continui grattacapi al pastore e lo costringe sempre a richiamarla e a correrle dietro. Dopo una dura giornata di lavoro, questo pastore osa ancora rimettersi in cammino per andare a cercare “la sua pecora”, che si è perduta e che lui sente “sua” più di ogni altra cosa. Che cosa lo spingerà a fare tutto ciò? Quale amore smisurato lo muove al punto da condurlo sempre più lontano, sino alle “periferie esistenziali”? La sua è una ricerca instancabile, che si concluderà solo quando la creatura perduta non sarà stata ritrovata. E’ paradossale, impossibile da credersi, che ci sia davvero Uno che ogni giorno non smette di venirti a cercare e poi fa festa con te e per te, senza punirti, anzi, dimentico della sua amarezza e della sua angoscia, non esprime che grandissima gioia.
Leggendo la parabola, ci rendiamo conto di quale distanza ci separa da quel Pastore, da quella Donna umile e semplice: per noi, se uno si perde non è un gran problema anzi, alla fine, se certe persone venissero tolte di torno staremmo molto meglio! “E poi è lui che se n’è voluto andare, è una sua scelta, quindi io che ci posso fare?”, questo il nostro commento. E’ proprio qui, in questo modo di giustificarci, che si manifesta il nostro peccato, il nostro cuore insensibile, perché siamo chiusi nella nostra supponenza, paghi della nostra autoreferenzialità e di conseguenza diventiamo indifferenti alla sorte degli altri. Accettiamo, senza far niente, che una persona si possa perdere. Invece, il vero Pastore non si rassegna, fatica, cerca, non si dà pace, è disposto a spingersi fin “nel regno dei morti”, mentre noi raramente siamo disposti a faticare per qualcuno che può avere sbagliato e che magari, così facendo, può averci ferito. Proviamo poi, per un attimo, a immaginare quanto le “novantanove pecore” – sole nel deserto - avranno mormorato per l’assenza del pastore. Di certo si saranno molto arrabbiate con lui, che era andato a cercare proprio la pecora “rompiscatole”, la più “pestifera”, quella tante volte insopportabile, la ribelle, la sfacciata, quella che non stava alle regole.
Quel pastore ha dovuto, in più, fare i conti anche con il loro giudizio, in quanto esse si erano sentite trascurate, non gratificate a sufficienza. Che senso ha - si saranno dette - essere “bravi” se poi non se ne tiene conto, se il tuo “punto di riferimento” è pronto a metterti in second’ordine e in modo così discutibile? Per quel pastore non c’è, quindi, solo la fatica di andare a cercare la pecorella perduta, ma anche quella di dover tenere a bada il “mormorare” delle novantanove pecorelle più disciplinate, che metaforicamente rappresentano il giudizio degli scribi e dei farisei, di tutti i sedicenti “giusti”, insomma di tutti noi! Infatti ci sembra talmente assurdo che Dio sia così tanto misericordioso nei confronti di chi non se lo merita! Chiediamoci davvero, molto seriamente e onestamente: ci piace davvero un Dio così? Forse ameremmo di più un Dio che distingua e che separi i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, che metta ordine, che faccia giustizia, che si prenda la briga di dare qualche calcio e buttare fuori certa gente… E invece no! Dio non fa così, non agisce come noi vorremmo, anzi sembra proprio che non faccia nulla di tutto ciò, oppure, cosa ancora più sconvolgente, si comporta come una povera donna, quasi una mendicante, che non può fare a meno di una monetina, che non vale neppure un centesimo, ma che per lei ha un valore infinito.
Per trovarla accende la lampada, spazza la casa e cerca accuratamente finché non l’ha ritrova. Dio, dunque, ti viene a cercare in qualunque posto, non importa dove tu ti sia perduto, fosse anche nella “spazzatura” della degradazione. La parabola racconta quindi non tanto la conversione dell’uomo e il suo pentimento, ma la “conversione” di Dio che si volge costantemente verso di te, che non ha paura di sporcarsi e di contaminarsi pur di “riaverti”. Nella storia di quel Pastore o di quella Donna conosciamo un Dio ai cui occhi siamo preziosi, non perché ce lo meritiamo, non per la nostra importanza agli occhi del mondo, ma perché Lui ama con particolare sollecitudine gli imperfetti: non i grandi, ma i piccoli, non i primi della classe, ma i fuoricasta. Anche il noto giornalista Eugenio Scalfari non pensava di essere cercato da papa Francesco: «Francamente non mi aspettavo che lo facesse così diffusamente e con spirito così affettuosamente fraterno. Forse perché la pecora smarrita merita maggiore attenzione e cura?». Proprio lui, il guru del pensiero laico italiano, che non si considera “credente” ha sentito "scandalosamente affascinante" la lettera che Papa Francesco gli ha inviato, per lo scrittore: «una prova ulteriore della sua capacità e desiderio di superare gli steccati dialogando con tutti alla ricerca della pace, dell'amore e della testimonianza».
(DON UMBERTO COCCONI)
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