"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


PARMAINDIALETTO Tv


Tgnèmmos vìsst
Al salùt pramzàn äd parmaindialetto.blogspot.com

“Parmaindialetto” è nato il 31 luglio del 2004. Quest’anno compie 16 anni

“Parmaindialetto” l’é nasù al 31 lùjj dal 2004. St’an’ al compìssa 16 an’

Per comunicare con "Parmaindialetto" e-mail parmaindialetto@gmail.com

L’ UNICA SEDE DI “Parmaindialetto” SI TROVA A PARMA ED E' STATO IDEATO DALLA FAMIGLIA MALETTI DI “PÄRMA”.







domenica 1 settembre 2013

Il Vangelo della domenica. "Invitiamo i poveri alle nostre mense". Commento di don Umberto Cocconi.

 
 
Pubblicato da Don Umberto Cocconi  il giorno domenica 1 settembre 2013 alle ore  20,29
Avvenne un sabato che Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.  Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece quando sei invitato, và a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».  Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
 
Cosa ci suggerisce Gesù, in questa pagina di Luca? Il rabbì di Nazaret è diventato forse un maestro di buone maniere, di “bon ton”, di norme e consigli per un nuovo galateo sociale? No, Gesù va ben oltre: sta cambiando i segnaposti tra i commensali e le sue indicazioni per compilare la lista degli invitati al “banchetto” della nostra vita sono poco… tranquillizzanti. E’ quello che fa papa Francesco quando suggerisce (non solo ai parroci, ma a tutti i cristiani) di invitare alle nostre mense «i veri “vip” cioè i poveri e i lontani. Con coraggio pensiamo alla pastorale partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia, perché si sentono esclusi. Andate a cercarli nei crocicchi delle strade, perché anche loro sono gli invitati privilegiati alla mensa del Signore». Per Gesù, l’immagine dello stare a tavola è il codice delle nostre relazioni: colui che ospita e colui che è ospitato sono lo specchio non solo dei nostri abituali rapporti sociali, ma anche del nostro modo di porci di fronte agli altri. Proviamo seriamente a chiederci: perché ambiamo a occupare il cosiddetto “posto al sole”, godiamo nel sentirci ammirati e magari anche un po’ invidiati? Mentre smaniamo per occupare un posto in prima fila, Gesù sceglie di starsene all’ultimo posto, ovvero, come direbbe papa Francesco, sceglie di abitare nelle “periferie esistenziali”.
 
Gesù cerca la compagnia dei piccoli, dei poveri, dei peccatori, delle prostitute, degli stranieri, degli impuri, la compagnia dei “fuori casta”, mentre noi, al contrario, ci teniamo a “pasturare” con quelli che sono ritenuti grandi dai più. Siamo convinti che la vita valga la pena di essere vissuta solo se siamo ben posizionati nella scala gerarchica. Sentiamo sempre il bisogno di essere qualcuno e pensiamo che più siamo a un livello alto nella considerazione sociale, più siamo stimati e quindi più valiamo. Questa però non è la via della felicità, è la via della divisione, della competizione, è nella sua essenza una vita diabolica! Perfino nell’amicizia, molte volte, vige il criterio di una reciprocità e di un certo tornaconto: si fanno le cose per interesse, per secondi fini, per un guadagno, non si accetta di “rimetterci” in favore di qualcuno. Tutta una vita spesa a sgomitare per emergere, a farci le scarpe l’uno con l’altro… Ma per che cosa? Ne vale proprio la pena? Proviamo per un istante a immaginare come si potrebbero vedere le cose, le persone, le situazioni, qualora si venisse a occupare l’ultimo posto. Prima di tutto ci troveremmo in buona compagnia, perché è proprio lì che abita Dio. Ecco perché non lo incontriamo facilmente: perché lo cerchiamo sempre nel posto sbagliato.
 
Lui ama frequentare i bassifondi, le periferie, sceglie l’ultimo posto perché non vuole occupare la scena, il palcoscenico di questo mondo: per Lui quello che conta sei tu. Una frase bellissima di San Paolo afferma: “Gareggiate nello stimarvi a vicenda”. Se ci volessimo più bene, se ci stimassimo veramente gli uni gli altri, se ognuno vivesse per valorizzare l’altro, non saremmo preoccupati di essere a tutti i costi qualcuno, perché lo saremmo già! Lasciamo la parola agli amici del gruppo Mission che nel mese di agosto hanno voluto mettersi all’ultimo posto e hanno accettato l’invito a sedersi alla mensa in compagnia dei più poveri tra i poveri. Ecco i loro reportages. «Uno degli imperativi allettanti della nostra società è quello della realizzazione personale. Se sei furbo, se sei vincente, se occupi il posto migliore, senza contare quanto quel posto ti spetti o meno, sei “uno che ci sa fare”. Il viaggio in India ci ha aiutato a decentrarci dal nostro “io”, a provare a metterci nei panni degli altri, in particolare dei “fuori casta”, quelli lasciati ai margini delle strade. L'esempio di vita che ogni giorno le sisters di madre Teresa offrono a tanti inesperti e piccoli volontari come noi è proprio questo: condividere la vita di chi non ha più niente. Il servizio fatto di piccoli ma grandi gesti come un sorriso, un abbraccio, una medicazione, sono i segni di un amore invisibile, ma vero» (Matteo e Zu).
 
«Non mettersi al primo posto è un po’ come mettersi in fondo a una fila: certamente non arriveremo subito, ma di certo osserveremo le cose del mondo da un’altra angolatura. Se si è primi non si ha davanti nessuno e si è centrati solo su se stessi; se si è ultimi, invece, l’attenzione passa inevitabilmente a quello che ci è più vicino. Essere i primi ad ogni costo e bastare a se stessi è il paradigma che Gesù abbatte con una semplice parabola. Quella che il maestro di Nazaret ci propone è una rivoluzione copernicana: l’attenzione non si polarizza più su noi stessi, ma sugli ultimi che nessuno guarda e comprende» (Giacomo). «E’ molto più comodo e facile invitare al banchetto della nostra vita amici importanti, belli da mostrare, in grado di ricambiare la cortesia o di offrirci addirittura qualche favore.  Un occhio abituato alla logica commerciale dello scambio è portato a vedere la richiesta di Gesù come una disparità inaccettabile, un affare da non prendere neppure in considerazione. Ma se c’è una cosa che l’India ci ha insegnato è quella di riuscire a cambiare prospettiva, cioè imparare a guardare la realtà per come è e non come appare» (Maggi e Vale). «Il banchetto tra ricchi diventa uno scambio fine a se stesso, uno sterile ripetersi di cortesie che si mantengono sul superficiale piano della formalità e dell’opportunismo, mentre l’incontro con lo zoppo, lo storpio, il cieco, può darti il vero arricchimento, che scambia il cibo materiale con uno più nobile e spirituale, che solo il povero è in grado di regalarti.
 
 Non si può parlare di scambio di “beni materiali”, perché il povero ci regala molto di più, ci fa dono di se stesso, e ciò non può che  portare  un valore aggiunto alla nostra esistenza, così ricca di futilità e priva di spessore. L’umiltà e la gratuità “non hanno prezzo”, sono le virtù che ti rendono grande agli occhi di Dio» (Benni, Serena). «Il messaggio che Gesù vuole mandare è quello di operare scelte di gratuità, che accantonano qualsiasi interesse personale. Una nuova vita che diventa esperienza di vera libertà: ecco il compenso interiore dato da queste scelte» (Michele e Federica). «Nei confronti degli altri ci poniamo molte volte con atteggiamenti aggressivi, di superiorità, spesso sulla difensiva, mentre se vivessimo i nostri rapporti secondo le logiche della gentilezza e dell’essere “uno per tutti e tutti per uno”, ci sentiremmo nella pace» (Riccardo). «Nel nostro piccolo ci siamo sporcati le mani senza aspettarci ricompense materiali, ma siamo rimasti sorpresi, per la riconoscenza ricevuta attraverso i semplici gesti di chi ha ricevuto la nostra attenzione» (Sabrina, Laura). «A Calcutta guardando le suore di madre Teresa fai esperienza di un servizio umile, fai esperienza di quella gratuità che passa attraverso il non riconoscimento del gesto, vieni quasi messo in disparte e non è stato semplice riuscire a convivere con la bellezza che può esistere nel sentirsi "servi inutili" nel lavoro. Scegliere il percorso più umile e più in ombra è la via che conduce alla divinizzazione dell’uomo (Giulia e Simone). Si può dare senza amare, ma non si può amare senza dare. Non è così?
(DON UMBERTO COCCONI)
 

Nessun commento: