Pubblicato da Don
Umberto
Cocconi il
giorno martedì 31 dicembre
2013 alle ore
16,13
I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. (Vangelo secondo Luca).
I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. (Vangelo secondo Luca).
C’era una volta l’usanza di “antropomorfizzare” i mesi dando ad essi un volto. Le rappresentazioni, dapprima meramente simboliche, erano divenute nel Medioevo sempre più didascaliche ed esemplari, chiare e facilmente intelligibili. Le più note, scolpite da Benedetto Antelami, si trovano proprio nella nostra città, all’interno del nostro Battistero. I mesi antelamici sono un vero e proprio calendario di pietra e hanno fattezze umane, compiono gesti legati al mondo rurale, tendono ad esaltare il lavoro dell’uomo. Se il tempo, scandito dal lavoro e dalla festa, appartiene a Dio, nel suo dispiegarsi terreno diventa però il tempo degli uomini, ovvero un tempo storico. Ci soffermiamo sulla simbologia del mese di Gennaio, durante il quale l'avvicendarsi degli anni, il vecchio e il nuovo, è rappresentato, recuperando la personificazione antica, da Giano bifronte. Giano (latino: Ianus) è il dio degli inizi, ed è una delle divinità più antiche e più importanti della religione romana. Di solito è raffigurato con due volti, poiché il dio può guardare il futuro e il passato. Il volto principale è incorniciato da ricci che escono da una cuffia stretta che avvolge il capo; pure “ricciuti” sono i baffi e la barba. La testa posteriore è simile a quella anteriore, ma più piccola; ed è ornata da un collo di pelo posto su un mantello chiuso in alto. Giano è seduto su una “savonarola”, ornata di teste leonine e sembra stia per scaldarsi davanti al fuoco. Anche noi dotiamoci di “una testa posteriore” prima di varcare la soglia del nuovo anno, per guardare l’anno che è appena passato e custodire – come Maria - tutte le cose che abbiamo vissuto, meditandole nel nostro cuore.
E forse scopriremo che davvero Dio è il “Dio con noi”, che non ci ha lasciati soli, ma ci ha donato la sua grazia, oltre ogni misura. Stiamo per varcare la soglia del 2014 e con la “testa anteriore” guardiamo verso il futuro ponendoci la domanda: "Signore, che cosa pensi di me?". Spesso ci chiediamo cosa gli altri dicono di noi e ci teniamo, davvero tanto, che parlino bene, che ci ... benedicano! Siamo più preoccupati della considerazione degli esseri umani, che di quella di Dio!
Dio, in questo primo dell’anno, ci benedice, “dice bene di noi”; ancora una volta riconosce la nostra bellezza, anzi la fa di nuovo risplendere di una luce nuova. La prima esperienza, che ci sorprenderà in questo nuovo giorno, è che saremo avvolti dalla benedizione divina. Se Dio ha il coraggio di benedirci, vuol dire che è molto buono verso di noi. Se noi diamo credito a quella “vocetta” interiore che ci ripete che non valiamo niente, Dio quella “vocetta” non la sente o se la sente non le fa caso. Tu vali più di quanto pensi di te stesso! Il dono, che il Signore fa a ciascuno, all’inizio di questo anno, è l’affermazione: “Tu sei benedetto, tu sei un essere speciale e io avrò cura di te”. Tutti abbiamo bisogno di sentire che si dicano cose buone di noi, che ci rassicurino. Donare a qualcuno una benedizione è la più significativa delle manifestazioni d’affetto, che gli possiamo offrire. E’ più che una parola di lode o di apprezzamento, è più che evidenziare i talenti o le buone azioni di qualcuno, è più che porre qualcuno in luce. Dare una benedizione è confermare, dire "sì" al fatto che una persona è Amata, è così in un certo senso ricrearla. «Diventare gli Amati: ecco il viaggio spirituale che dobbiamo compiere.
Per vivere una vita spirituale dobbiamo rivendicare, per noi stessi, che siamo “presi” o “scelti”. Da tutta l’eternità, prima ancora che tu nascessi e diventassi parte della storia, tu esistevi nel cuore del Padre» (H.J.M. Nouwen). Al cospetto di Dio tu sei prezioso e di grande valore. Ci rendiamo sempre più conto di quanto noi, paurosi, ansiosi, insicuri esseri umani, abbiamo bisogno di una benedizione. Abbiamo l’esigenza di rassicurarci a vicenda e, sentirsi benedetti, equivale al sentirsi profondamente amati. Con il nostro “ora et labora” possiamo diventare una benedizione per gli altri e, mediante il dialogo o lo sguardo amorevole, possiamo far rinascere la vita nel cuore di tanti. Dio promette ad Abramo: «Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione». Abramo diviene così una persona speciale, perché viene scelto da Dio, per essere Padre di tutti i popoli. La benedizione è, quindi, sempre collegata all’elezione perché quando una persona è benedetta, sa di essere stata “eletta”, chiamata da Dio. La Bibbia associa spesso la benedizione di Dio a un nuovo nome. Anche ad Abramo viene dato un nome nuovo: «non ti chiamerai più Abram, ma Abramo, perché tu sarai padre di molti popoli». La benedizione pone il soggetto in una nuova condizione: non si sentirà più segnato dalla maledizione, perché Dio è capace di fare nuova la sua vita, donandogli un nome nuovo, così egli è nuovamente ricreato. Per questo, in quanto benedetti da Dio, possiamo divenire a nostra volta, sorgenti di benedizione, e ciò conferirà alla nostra esistenza la possibilità di un nuovo sapore da dare alla vita degli altri. Talvolta diciamo a proposito di una persona che essa è una benedizione per la comunità, per l’azienda, per il paese, e anche dei bambini si dice che sono una benedizione per la famiglia. Ogni comunità ha bisogno di persone che siano testimoni della benedizione di Dio; alla lunga senza persone benedette una comunità non può sussistere. Ricordati: Tu oggi sei divenuto benedizione per chi incontrerai e quest’anno potrai rivelare a tutti il tuo vero nome.
(DON UMBERTO COCCONI)
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