Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno domenica 12 magg2013 alle ore 7,26
Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio (dal Vangelo secondo Luca).
Luca ci dà l’ultimo fotogramma dell’esistenza di Gesù sulla terra, fotografa l’ultimo gesto di Gesù, prima di salire al cielo: è un Gesù che alza le mani e benedice i suoi discepoli. L’ultimo gesto di Gesù ai suoi è un abbraccio che li “riveste di potenza” e li rende capaci di portare a tutti, sino agli estremi confini della terra, il perdono di Dio. E’ un abbraccio benedicente, che li avvolge, li stringe a sé, li fa sentire importanti; ancora per l’ultima volta possono toccare il suo corpo che racconta la fedeltà, l’amore di Dio per l’umanità. Ora saranno loro a donare la benedizione di Dio al mondo, abbracciando e facendo sentire a tutti un cuore che ama. E’ un abbraccio, quello di Gesù, che non è solo per i discepoli, ma è per tutti; più Gesù sale e più persone idealmente può abbracciare. Più si innalza sopra il mondo più questo “sta” nel suo abbraccio. Anche la Chiesa deve avere braccia pronte ad allargarsi sempre più, per accogliere tutti, ma proprio tutti. La benedizione è qualcosa di più che pregare con le parole: si manifesta attraverso un gesto e si comunica alle persone attraverso i sensi. La benedizione è uno dei temi centrali della Bibbia. Già al momento della creazione dell'essere umano, Dio benedice Adamo ed Eva: «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi”». Dio ammanta di doni l'essere umano e fa sì che la sua esistenza porti frutto. Anche su di te c'è sin dall'inizio la benedizione di Dio, che ti dice: «È bene che tu esista. Sei benvenuto/a su questa terra. Vivi la tua vita e sii fecondo/a!». «Diventerai una benedizione», dice Dio ad Abramo e con questa promessa, la più bella che possa essere fatta a una persona, si può divenire una benedizione per gli altri, una sorgente di benedizione per chi ti sta accanto.
Talvolta diciamo, a proposito di una persona, che è una benedizione per la comunità e si sente spesso dire di alcuni bambini che sono davvero una benedizione per la famiglia. Ogni comunità ha bisogno di persone che siano una benedizione per essa. E tu, puoi essere fonte di benedizione nel tuo ambiente di vita quotidiano? Lo sai che una persona che sa benedire, ossia dire bene, unisce le persone, fa comunità? Quando una persona si sente “rivestita di grazia”, questa sa di essere stata eletta. Eleggere ha che fare con valore e significa essere degni di onore, significa sentirsi amati da Dio, essere accettati e approvati incondizionatamente. Lo psicologo americano Erik Erikson ha coniato a questo riguardo l’espressione: “generatività”, per cui potremmo dire che la benedizione rigenera le persone. Spesso la Bibbia indica chi ha ricevuto la benedizione di Dio con un nuovo nome. Anche ad Abram viene dato un nome nuovo: Abramo. La benedizione istituisce una nuova identità in chi la riceve. “Essere benedetti” significa infatti che Dio fa fiorire in te qualcosa di nuovo, che ti porta a contatto con l'immagine genuina e originale e vera che sussiste in te. Il giorno in cui papa Francesco salutò i giornalisti che avevano seguito da vicino gli eventi del conclave li colse di sorpresa. In che modo? Con una benedizione annunciata, ma non pronunciata, promessa ma non espressa, vissuta interiormente ma non impartita con la consueta formula “Benedicat vos Omnipotens Deus...”. Insomma una benedizione in silenzio. Piuttosto una preghiera, un’invocazione interiore senza il consueto gesto del segno della croce.
«Succede anche a un genitore, che vorrebbe benedire pubblicamente la mensa, d’invocare silenziosamente, con la mente e il cuore, la mano benedicente di Dio sui suoi figli ormai distanti dalla fede. Capita frequentemente a un parroco di sostare davanti al letto di un malato non credente e familiari sospettosi, e d’impetrare da Dio il suo intervento per il bene di quella persona o di quella famiglia» (La nuova scintilla). Ma torniamo al momento e al gesto dell’ascensione di Gesù. Non è prematuro questo buttare gli apostoli nella mischia, loro che si erano dimostrati così poco affidabili durante la Passione del loro maestro? Che coraggio ha questo Gesù, che li lascia camminare da soli per le vie del mondo, lasciando il suo posto a Pietro, ai suoi apostoli, a te! Erano forse pronti per questo grande e impegnativo compito? Erano stati appena bocciati, non avevano superato la prova della croce, eppure Gesù li manda nel mondo ad annunciare il vangelo e lascia loro le chiavi di casa, le chiavi del regno. Questo modo di “salire al cielo” di Gesù, non è il segno più grande della fiducia che dimostra ai suoi discepoli? Forse Gesù sa vedere in loro – e in tutti noi – non tanto gli insuccessi quanto le potenzialità, attraverso le quali saranno capaci di assolvere ai compiti per i quali il loro maestro ha dato la vita.
(DON UMBERTO COCCONI)
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