Pubblicato da Don Umberto Cocconi domenica 25 gennaio 2013 alle ore 19,31
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. (Vangelo secondo Matteo 4, 12-23).
Gesù interpreta l’arresto di Giovanni come il segno che ormai è giunta davvero la sua ora: quella di manifestarsi al mondo. Proprio quando avrebbe avuto i migliori motivi, per aspettare un tempo più favorevole alla sua missione, Gesù decide di entrare in scena. Per questo lascia la sua Nazaret e si stabilisce a Cafarnao, sulle rive del lago di Galilea, in una zona di confine tra culture, popoli e contaminazioni religiose di ogni genere. Il dimorare di Gesù, in questa terra “ibrida” è visto dall’evangelista Matteo come il compiersi della profezia di Isaia: “il popolo sedente nelle tenebre, una luce grande vide e per i sedenti nella regione e ombra di morte sorse una luce”. Il contenuto della predicazione di Gesù è racchiuso in queste parole: convertitevi, cambiate mentalità, perché si è fatto vicino a voi il Regno dei cieli. Gesù infatti sembra dire: se non cambi mentalità, non potrai accogliere nella tua vita la novità del Regno di Dio. E’ una proposta sconvolgente: se non ti metti nella prospettiva di fare un reset delle tue convinzioni, delle tue ragioni, certamente non potrai cogliere tutta la bellezza e la radicalità del messaggio di Dio. Devi togliere dalla mente le tue “paranoie”, le tue chiavi interpretative dei fatti, dovute alla tua soggettività. Insomma, apriti, non chiuderti nelle tue sicurezze precostituite: nel “si è sempre fatto così” e “ma chi è questo qui che ci viene a disturbare, che cambia i nostri programmi consolidati ormai da anni”. La natura della conversione è quella di dare il via all’inizio di una nuova vita; è la trasformazione del soggetto e del suo mondo, correlato all’avvio di un nuovo modo di essere e di capire le cose, per poter cogliere, con maggiore profondità, ampiezza e ricchezza la propria vita. Un pensatore del nostro tempo, il gesuita Bernard Lonergan, parla, a questo riguardo, di una conversione tridimensionale, che coinvolge tutti gli aspetti della persona: intellettuale, morale e religioso.
«È intellettuale in quanto riguarda il nostro orientamento verso l’intellegibile e il vero. È morale in quanto riguarda il nostro orientamento verso il bene. È religiosa in quanto riguarda il nostro orientamento verso Dio». Per attuare la conversione intellettuale è necessario coltivare l’arte dell’attenzione, che consiste nel saper cercare e accogliere i dati che la realtà ci offre, con interesse e rispetto. Il secondo passaggio consiste nell’essere intelligenti, ossia nel non accontentarsi di vedere, di udire e di toccare, ma d’imparare a porsi delle domande: chiedersi perché accade questo, come è possibile tutto ciò? Il passaggio finale consiste nell’essere razionali, cioè nel saper dare dei giudizi che rispecchino la realtà, al fine di porre la nostra intelligenza al vaglio severo dei dati, per poter cambiare con decisione le ipotesi, in modo che queste aderiscano sempre di più a ciò che la realtà ci presenta. Ma la “conversione intellettuale” non è tutto, in quanto bisogna giungere ad una vera e propria “conversione morale”. L’uomo non si accontenta di conoscere, desidera anche agire. Ma come decidere che cosa bisogna fare e secondo quali criteri agire? E’ questo il passaggio decisivo: la conversione morale avviene quando si riesce a passare dalla ricerca di ciò che è gradevole e soddisfacente, alla scelta di ciò che è giusto e buono, ma non sempre gradevole e soddisfacente. La conversione religiosa, invece, consiste nell’essere presi da ciò che ci tocca profondissimamente: è innamorarsi in maniera ultramondana, di un Totalmente Altro, così da non essere più concentrati soltanto su se stessi. Pensate che tipo di “conversione”, non solo intellettuale, ma morale e soprattutto religiosa ci sta chiedendo Papa Francesco. Più volte ci ha parlato di una Chiesa “in uscita”, che sappia davvero incontrare il mondo, di una Chiesa con le porte aperte. «Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane, non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso».
Quali conversioni profonde ed autentiche, non un semplice restyling, sono chiamate a compiere le nostre parrocchie! Convertirsi significa aprirsi, non restare prigionieri delle proprie strutture ideologiche, ma saper leggere i segni dei tempi e dialogare con chi la pensa diversamente. E questo lo chiede davvero una Chiesa non più incentrata su se stessa, ma dialogante, che si lascia mettere in discussione. «Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa. Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze» (Papa Francesco). Colpisce profondamente questo Gesù “camminante”, che ti cerca, che non aspetta che tu “ti decida”, anzi, ti viene incontro là dove sei, chiunque tu sia. Sorprendentemente, ti senti al centro delle sue attenzioni: non ti saresti mai aspettato una chiamata di quel genere, soprattutto dopo che avevi già programmato la routine della tua vita e avevi già messo i tuoi sogni nel cassetto. Lui invece “salta fuori” e ti viene a cercare.
E’ Dio che si converte a te, perché tu possa convertirti al suo mondo! Proprio il seguirlo è la vera conversione: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva» (Benedetto XVI). “Ti farò diventare…”: questa è la bellezza dell’esperienza cristiana. C’è un Dio che crede in te, che ti fa essere quello che non penseresti mai di essere. Simone pensava che la sua vita dovesse concludersi sulle rive del lago di Galilea, come un qualsiasi pescatore, ma, dopo l’incontro con Gesù, la sua vita si apre all’impossibile, all’universale, all’inatteso. Il Signore ti chiama ad essere un uomo di comunione, di fraternità, una persona che sa intessere dei legami, che accoglie tutti in questa rete, lanciata nel mare del mondo, perché nessuno si senta mai solo. I tuoi occhi possano davvero raccontare chi hai visto un giorno sul tuo cammino e possano essere in tanti a comprendere, quanto sei davvero innamorato di Dio, al punto da far compiere a loro gesti meravigliosamente “pazzeschi”. Ecco l’autentica conversione
(DON UMBERTO COCCONI)
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