IL VANGELO DI DOMENICA 1 FEBBRAIO 2015
Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo». E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea. (Vangelo secondo Marco)
Una volta tanto èil caso di credere a quello che lo spirito immondo sta insinuando, davanti a tutti coloro che sono nella sinagoga di Carfarnao. Paradossalmente sta dicendo la verità: Gesù è venuto davvero a “rovinare” le forze che vogliono il male del mondo e a dividere il bene dal male. E la salvezza,che il profeta di Nazaret donerà all’uomo, starà proprio nel renderlo consapevole delle menzogne, sulle quali ha costruito la propria vita. Per quanto sembri assurdo, possiamo supporre che esista un’alleanza di fatto, un’intesa tra i “maestri della religione” e satana, con un unico intento: quello di schiavizzare l’uomo. Con il suo insegnamento, Gesù sta smascherando proprio questo intrigo perverso, in quanto coloro che dicono di combattersi sono invece complici, nel tenere l’uomo “prigioniero” dei precetti religiosi e allo stesso tempo della paura di Dio. Da una parte l’individuo è chiamato a osservare la legge se vuole essere puro davanti a Dio, dall’altra parte è la stessa legge a condannarlo, perché gli ricorda la sua impurità e crea così un insano collegamento tra fede e paura della punizione. Quello che il maligno non vuole è che l’uomo senta e creda che Dio lo ama. Il senso profondo delle parole “Sei venuto a rovinarci?” svela pertanto l’impostura, sulla quale è costruita l’impalcatura della religione. Anche il fatto che questo “spirito immondo” parli al plurale vuol dire, che non solo parla per se stesso, ma anche per conto di altri: sono tante, infatti, le realtà che congiurano per rendere schiavo l’uomo e, in questo caso, le più evidenti vengono proprio dai detentori del potere religioso. Con il suo insegnamento, Gesù sta svelando una verità nascosta, che fa davvero paura al mondo! Ci sono personaggi che lo considerano una minaccia totale,perché questo rabbì, fuori dagli schemi, sta minando la loro credibilità, la loro presa sulle folle, il loro potere sulle masse.
Ecco perché si oppongono con tutte le forze a Gesù, anche a costo di rivelarne, subdolamente, l’identità nascosta: egli è «il Santo di Dio». Come franchi tiratori vogliono bruciare la sua “candidatura”, grazie a questa mossa che parrebbe controproducente. Pensano infatti che, rendendo pubblica l’identità di Gesù, la gente avrebbe potuto aspettarsi da Lui “delle soluzioni” ai loro svariati problemi e poi ne sarebbe rimasta delusa a tal punto da rifiutarlo violentemente. Non si può dire che queste forze diaboliche non abbiano fatto bene i loro conti!Stiamo esagerando, con questa lettura? Eppure, non possiamo non tener conto della reazione della folla,di fronte alla novità dell’insegnamento di Gesù: c’è stupore, c’è meraviglia, perché egli insegna con autorità. Come ha sottolineato René Girard, la “dottrina nuova insegnata, con autorità” da Gesù di Nazaret, mette allo scoperto l’ingranaggio della violenza, che si nasconde dietro i riti, e non solo: attraverso la sua parola, egli mette definitivamente in crisi il sacro istituzionalizzato e il sacro in quanto collegato strutturalmente alla violenza. Gesù sta decretando la fine della religione, come l’umanità l’ha vissuta dalla notte dei tempi! Scrive Girard: «Gesù è l’ultimo e il più grande dei profeti, colui che li riassume e li trascende tutti, e si rivela quale il profeta dell’ultima possibilità, che è la migliore. Con lui si produce uno spostamento minuscolo e nello stesso tempo gigantesco,quale prolungamento diretto dell’Antico Testamento, ma anche una rottura formidabile con l’Antico. È l’eliminazione completa, per la prima volta, del sacrificale, è la fine della violenza divina, è la verità di tutto ciò che precede, finalmente “esplicitato”,che esige una conversione totale del modo di vedere, una metamorfosi spirituale senza precedenti, nella storia dell’umanità».
“La dottrina nuova” di cui ci parla l’evangelista Marco, che stupisce le folle, non è altro che la denuncia dell’assoluta estraneità del divino alla violenza. Ricordiamo le parole di Gesù: “a chi ti percuote sulla guancia destra tu porgi anche l’altra”? E’ un diktat paradossale: come si può porgere l’altra guancia a chi ti percuote? Eppure, solo un comportamento come questo può interrompere il circuito della violenza e fermarla; solo uscire dalla logica dell’“occhio per occhio, dente per dente” può introdurci in un altro registro di giustizia. Rispondendo alla violenza con la mansuetudine, il cristiano obbliga chi è violento a venire allo scoperto, a mostrarsi per quello che realmente è: un malvagio “impuro”e “immondo”, come l’insidioso spirito descritto nel testo di Marco. La luce del vangelo illumina la notte oscura della violenza e le tenebre della morte,che tengono l’essere umano in ostaggio della sua stessa aggressività. Grazie alla parola di Gesù e alla forza della sua testimonianza, il male viene disarmato dall’amore. Se la violenza è il male in tutta la sua nudità, “allo stato impuro”, Gesù è la bontà allo stato puro, ossia l’amore fatto carne e sangue. Con la sua vita, il “Santo di Dio” testimonia e narra l’amore del Padre, la paradossale potenza di un Dio che dirime il conflitto assoluto e dona la pace e la concordia. Donando la sua vita, Cristo ha veramente spezzato la potenza devastatrice del mimetismo violento: per questo motivo, seguire “il Santo di Dio” significa rinunciare alla violenza. Nella vita dell’uomo di Nazaret si delinea la figura del servo sofferente, vaticinata dal profeta Isaia, come incarnazione della diaconia perfetta. Gesù, infatti, da servo sofferente qual era, non si è mai sottratto alla responsabilità nei confronti dell’umanità, vivendo fino in fondo il suo “essere per l’altro”, manifestando una totale compassione per la condizione umana: epifania del divino nella storia.
(UMBERTO COCCONI)
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